L’IDEA VIENE DAGLI USA - In America, il più importante raduno dei fan del marchio
Jeep è l'Easter Safari: nato nel 1967, richiama ogni anno migliaia di appassionati che portano la loro 4x4 su alcuni percorsi tanto affascinanti quanto impegnativi. Per l'occasione, la casa invia ogni anno alcune delle sue concept più interessanti (spesso create attingendo a piene mani al catalogo della Mopar, l'azienda che cura il reparto aftermarket del gruppo FCA da poco presente anche in Europa), perché affrontino quegli stessi percorsi. Con il marchio in piena espansione anche in Europa (dove le vendite sono quadruplicate dal 2010 a oggi), è nata l'idea di riproporre la stessa esperienza anche nel Vecchio Continente, con i
Jeep Experience Days, la cui prima edizione, non ancora aperta al pubblico, ha avuto luogo in Sicilia.
LA PIÙ AMERICANA DI TUTTE - Tracciati dagli istruttori della Federazione Italiana Fuoristrada, alcuni impegnativi percorsi del Jeep Experience Days ci hanno così portato fra scure cave di basalto (in cui compiere prove di slalom, imparando a controllare l'auto in velocità su fondi a bassa aderenza), piste bianche fra i campi, trasferimenti su asfalto sulle pendici dell'Etna, guadi di corsi d'acqua, percorsi fangosi e pietraie. Fra le 33 vetture a disposizione, abbiamo deciso di “impossessarci” delle chiavi della Jeep più “americana” di tutte: una Wrangler a passo corto spinta dal 3.6 V6 a benzina da ben 284 cavalli. Questa vettura è l'icona del marchio, la diretta discendente della Willys militare della seconda guerra mondiale, nonché la più adatta al fuori strada. A bordo si sale (letteralmente...) dopo aver aperto le porte lisce e verticali come muri, con i grossi cardini a vista e un robusto laccio che funge da blocco. A differenza di alcune sue concorrenti, a bordo lo spazio per le persone è abbondante (al contrario di quello nel bagagliaio, che si riempie già con due trolley messi in piedi...) e i sedili sono soffici e accoglienti. Inutile parlare di finiture: la plancia è in plastica dura e robusta, con i grossi e intuitivi comandi tutti a portata di dito, oltre che facilmente lavabile: non avremmo neppure voluto qualcosa di diverso.
ASFALTO? MEGLIO DEL PREVISTO - A dispetto delle gomme tassellate e dell'allestimento Rubicon (disponibile in Italia solo col 2.8 a gasolio da 200 CV e caratterizzato dai differenziali bloccabili e dalla barra antirollio anteriore scollegabile, per aumentare l'escursione delle ruote), la Jeep Wrangler non è un “pesce fuor d'acqua” su strada: la risposta secca delle semplici (ma indistruttibili) sospensioni a ponte rigido è compensata dalla generosa spalla dei pneumatici e lo sterzo è certamente lento nel ritorno e poco preciso, ma non in maniera preoccupante. Fruscii a parte, anche l'autostrada non è una “tortura”, e la spinta decisa ma gentile del 3.6 V6 permette di fare sorpassi in un baleno, lasciando al palo gran parte delle auto da famiglia. Seduti molto in alto, con tanto spazio per le spalle e le gambe (a dispetto dei nostri 190 cm di altezza) e a pochi centimetri dal parabrezza verticale, anche dopo molti chilometri non siamo affaticati come temevamo all'inizio del viaggio. Alla fine, l'unica cosa che davvero stona è il cambio automatico a cinque marce, con la sua lentezza e il fastidioso effetto di trascinamento.
LEI SA COME SPORCARSI LE RUOTE - Finalmente l'asfalto cede il posto alla terra: siamo nella campagna ragusana e quello che ci hanno preparato gli istruttori della Federazione Italiana Fuoristrada è un lungo tracciato che si snoda fra guadi, stretti passaggi fra canneti e ripide salite fangose (purtroppo, nel giorno del nostro arrivo, la parte su sabbia non era accessibile). La Jeep Wrangler è finalmente a casa: i 25 cm di luce da terra le permettono di passare sopra ogni sasso. Nei brevi rettilinei col fondo reso viscido da fango e foglie, è un piacere affondare fino al pavimento il pedale dell'acceleratore e sentire l'auto che balza in avanti ondeggiando da un lato all'altro, con le quattro ruote che lottano per ritrovare l'aderenza. Su questa auto-giocattolo da adulti, ci troviamo anche a ridere mentre ci tuffiamo fino alla base delle porte nell'acqua o veniamo sballottati nella marcia sulle pietraie.
MA LE ALTRE NON STANNO A GUARDARE - Nei passaggi più tecnici del Jeep Experience Days, apprezziamo l'agilità che deriva dal passo corto della vettura e la modulabilità del pedale dell'acceleratore, dalla corsa lunga, che permette di gestire in maniera molto precisa la risposta del motore. Mentre, alla fine delle salite più insidiose affrontate con le marce ridotte inserite, quando davanti a noi vediamo solo il lungo e piatto cofano, ci dobbiamo affidare agli istruttori che ci indicano a gesti dove mettere le ruote, prima di “tuffarci” alla cieca in una ripida discesa. Quello che stupisce di più, però, non è la facilità con la quale la Wrangler affronta il percorso, ma vedere che, dietro di noi, la Cherokee e la piccola Renegade (entrambe in allestimento fuoristradistico Trailhawk) riescono a seguirci con pochi problemi: potenza all'elettronica che, una volta selezionato con una rotella il tipo di fondo da affrontare, gestisce al meglio l'erogazione di motore, cambio automatico e freni.