MUSE ISPIRATRICI - Probabilmente in pochissimi conoscono la Scarabeo, eppure è proprio a questo bizzarro prototipo allestito nel 1966 dalla carrozzeria OSI di Borgaro Torinese per l’Alfa Romeo che s’ispira una delle vetture del Biscione più apprezzate e desiderate dalle nuove generazioni di appassionati: l’Alfa Romeo 4C. Decisamente più famosa l’altra musa ispiratrice, la 33 Stradale nata dalla matita di Franco Scaglione nel 1967, manifesto estetico di quella “bellezza necessaria” che da sempre i designer della casa milanese cercano d’infondere nelle loro creazioni. Non fa eccezione la 4C, la cui concept (visibile nelle foto di questa pagina) nel 2021 festeggia i dieci anni dalla presentazione al Salone di Ginevra. Per risalire alle origini del progetto e comprenderne a fondo la genesi, nell’ambito del ciclo di conferenze Backstage 2021 il Museo Storico Alfa Romeo ha organizzato un incontro di approfondimento con il responsabile del design degli esterni del marchio, Alessandro Maccolini.
UN NUOVO LINGUAGGIO STILISTICO - Sin dai primi bozzetti, datati ottobre 2010, il team di Maccolini ha attinto a piene mani dal dizionario stilistico dell’Alfa Romeo, una miniera di modelli di rara bellezza spesso impreziositi dalle intuizioni dei più rinomati stilisti di automobili e dalle firme delle carrozzerie più prestigiose di casa nostra, da Pininfarina a Bertone, passando per Touring, Zagato, Castagna e Italdesign - solo per citare le più famose. Il seme della creatività, nelle stanze del Centro Stile Alfa Romeo, viene coltivato ogni giorno studiando l’evoluzione dei caratteri specifici delle automobili più iconiche. Così, all’alba degli anni 2000, l’allora capo del design Wolfgang Egger cominciò a delineare il nuovo corso stilistico del Biscione basandosi su due principi fondamentali: l’armonia delle proporzioni e l’iconografia del trilobo frontale, formato dallo scudetto centrale e dalle due prese d’aria collocate ai suoi lati.
RITORNO ALLE ORIGINI - “Il primo assaggio del nuovo frontale si ebbe con la seconda serie della 166 - racconta Maccolini -, ma è la 8C Competizione del 2003 la capostipite che ha aperto la strada alle vetture compatte di nuova generazione”. Se la MiTo - spiega Maccolini - è una specie di “rifacimento” in chiave urbana della 8C Competizione, l’Alfa Romeo 4C vuol esserne l’esasperazione in veste sportiva, segnando un ritorno ai valori fondativi del marchio, ovvero leggerezza, agilità e purezza del design. “Abbiamo cercato di evitare orpelli fini a sé stessi, lavorando il più possibile per sottrazione. Come sulla 33 Stradale - rivela il designer della casa milanese -, anche sulla 4C la pelle metallica avvolge la meccanica senza grafismi gratuiti. I muscoli sul retro della fiancata ricordano quelli di un felino pronto a scattare in avanti, mentre la linea di cintura fa il verso al profilo di una Formula 1. Della Scarabeo abbiamo replicato il layout, con il motore in posizione posteriore trasversale e la ruota di scorta sdraiata sull’avantreno”.
TOUR DE FORCE - Dai primi schizzi a matita alla realizzazione della maquette per il Salone di Ginevra trascorsero appena cinque mesi. Maccolini ricorda quel periodo come uno dei più intensi, faticosi e divertenti della sua carriera: “Nelle ultime settimane i modellisti si davano il cambio su tre turni per garantire 24 ore di lavoro al giorno. Non ci fu nemmeno il tempo di verniciare il modello in Clay in scala 1:3 e così prima di presentarlo a Marchionne lo rivestimmo con una pellicola di-Noc argentata. La macchina piacque immediatamente e fu approvata, ma per problemi alla dogana arrivammo al Palaexpo per ultimi, tant’è che avevamo pronta una versione speciale della Giulietta come riserva nel caso non fossimo riusciti a portare la macchina in tempo”. Per fortuna andò tutto liscio: l’Alfa Romeo 4C ottenne il riscontro di pubblico atteso e nel 2013 andò in produzione, seguita l’anno dopo dalla versione Spider. Difficile, per Maccolini, dire quale tra le due sia la più bella: “Parliamo di una macchina raffinatissima, con un telaio in fibra di carbonio progettato in collaborazione con la Dallara. Un layout che di solito si trova sulle supercar Ferrari, Lamborghini e McLaren. Se proprio devo esprimere una preferenza, la Spider per via dell’assenza del tetto ricalca ancor di più la filosofia progettuale dell’auto”.