LO SPETTRO DEL NO DEAL - A 15 settimane dalla scadenza del periodo transitorio per l’uscita del Regno Unito dalla UE (la Brexit), le più importanti associazioni dell'industria automobilistica europea (tra cui ACEA, ANFIA, VDA, CLEPA e molti altri) chiedono all'Unione Europea e allo stesso Regno Unito di impegnarsi per garantire un equo accordo per il libero scambio. Perché, sostengono, entrambe le parti dovranno fare il possibile per evitare il “no deal”: in pratica l’uscita dall’UE senza alcun accordo commerciale. Un evento traumatico che costerebbe al settore automobilistico circa 110 miliardi di euro di perdite nei prossimi cinque anni e che metterebbe a rischio 14,6 milioni di posti di lavoro. Inoltre, sempre secondo gli ultimi calcoli, nei prossimi cinque anni l’impatto di un mancato accordo metterebbe a rischio la produzione di circa 3 milioni di auto e furgoni.
SI PROFILANO I DAZI DOGANALI - Per evitare quello che viene definito lo spettro di una catastrofe, i rappresentanti dell’industria dell’auto chiedono perciò a Londra e a Bruxelles di trovare un accordo che offra tariffe in grado di non compromettere gli scambi commerciali. In caso contrario, senza precisi accordi entro il 31 dicembre 2020, le parti saranno costrette ad utilizzare le cosiddette regole non preferenziali dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), tra cui una tariffa supplementare del 10% per le auto che sale fino al 22% per furgoni e camion. Tassazioni considerevoli che di fatto farebbero lievitare sensibilmente il prezzo dei veicoli, influenzando negativamente la domanda. Inoltre il “no deal” aumenterebbe i costi di produzione penalizzando fornitori e fabbriche nel Regno Unito.
PRODUZIONE A RISCHIO - E l’industria dell’auto europea dopo aver perso circa 3,6 milioni di unità a causa della pandemia di coronavirus, soffrirebbe un’ulteriore riduzione del 10% che cancellerebbe circa tre milioni di unità dalla produzione degli stabilimenti UE e del Regno Unito nei prossimi cinque anni. Con perdite stimate di 52,8 miliardi di euro per gli stabilimenti del Regno Unito e di 57,7 miliardi di euro per le fabbriche UE. Le stesse perdite colpirebbero anche l’indotto e i vari fornitori.
IL TEMPO STRINGE - Ecco perché sono tutti d’accordo: le aziende hanno bisogno di regole certe e informazioni dettagliate sulle condizioni commerciali che dovranno affrontare dal 1 ° gennaio 2021. In caso contrario l’impatto per l’auto potrebbe essere disastroso. In totale le associazioni che hanno firmato questo documento sono 23.