VENTO DEL CAMBIAMENTO - Il vento del cambiamento soffia sempre più forte e il processo di rinnovamento nel mondo dell’auto è sempre più drammaticamente evidente, dal momento che quasi tutti i grandi costruttori annunciano profonde ristrutturazioni con tagli e ottimizzazioni nella produzione. Un processo che inizia a colpire anche l’indotto, come si scopre in questi giorni dalla Mahle (azienda tedesca specializzata nella componentistica meccanica) che annuncia la prossima chiusura di alcuni siti in Piemonte o gli esuberi annunciati dalla Bosch nello stabilimento di Bari dove si realizzano gli impianti di iniezione per i motori diesel. Anche lo stabilimento FCA di Pratola Serra, specializzato in motori, fa segnare un -30% della produzione rispetto all’anno scorso.
TUTTO EBBE INIZIO COL DIESELGATE - Queste notizie sono l’ennesima pericolosa conferma di quanto sta succedendo all’industria automobilistica. Un mondo che sta cambiando pelle per attrezzarsi alle nuove tecnologie legate all’elettrico, ma che lo fa a prezzo di grandissimi sacrifici. Ecco perché in tutta Europa, Italia compresa, le aziende credono sempre meno nei motori a gasolio e ridimensionano pesantemente i propri organici. Tutto iniziò, non è certo un segreto, con lo scandalo Dieselgate del 2015 che spazzò via i vertici del colosso Volkswagen. Da allora le vetture diesel iniziarono inesorabilmente a perdere quote di mercato con immatricolazioni calo continuo e costante. Numeri che non potevano non ripercuotersi nell’indotto e in particolare nelle numerose aziende sparse sul nostro territorio che, da Nord a Sud, danno lavoro a 25 mila persone.
ESUBERI - E il caso più emblematico è proprio quello della fabbrica Bosch di Modugno (Bari) che produce dagli Anni 90 le pompe common rail per i diesel e che, secondo quanto dichiarato dal portavoce della Bosch, entro giugno 2022 si troverà a fronteggiare una sovracapacità produttiva con conseguente esubero di 620 posti di lavoro. Quanto basta per provocare proteste e scioperi. Una realtà insomma preoccupante che prospetterà anche un futuro radioso per la mobilità elettrica, ma a costi sociali forse troppo alti da pagare.