IMPORTANTI CAMBIAMENTI - La geografia produttiva del gruppo FCA è in procinto di essere ridisegnata. L’annuncio ufficiale è previsto alla conferenza di presentazione dei nuovi piani FCA, in programma il 1° giugno a Balocco. L’agenzia Bloomberg però ha riportato quanto riferitole da una “gola profonda” interna al gruppo, secondo cui novità grosse sono attese in merito alla presenza in Italia della Fiat Chrysler. Il dato più rimarchevole è che in Italia sparirebbe la produzione della Fiat Panda (trasferita nuovamente in Polonia) e della Fiat Punto (con la fine dell’attuale modello, e non è chiaro se sarà sostituito o no). A Mirafiori è destinata a terminare la fabbricazione della Alfa Romeo MiTo, non sostituita nella gamma del Biscione.
MIRAFIORI E POMIGLIANO - I movimenti previsti vedono la sede torinese di Mirafiori perdere la produzione dell’Alfa Romeo MiTo, ma guadagnare quella di un nuovo modello Maserati, cioè la nuova suv più piccola della Levante sviluppata sulla piattaforma Alfa Romeo. Altra operazione del genere, e per certi versi la più rilevante, è la conclusione dell’assemblaggio della Fiat Panda a Pomigliano (nella foto), presso Napoli, per impegnare quell’impianto nella produzione di un modello Jeep, ovviamente suv. La Fiat Panda continuerebbe a essere prodotta, ma in Polonia. Infine, le linee di assemblaggio di Melfi, in Basilicata, cesserebbero di sfornare le Fiat Punto, il cui modello al momento non è chiaro se e quando sarà sostituito.
PUNTI DA CHIARIRE - Il quadro disegnato da Bloomberg non contiene riferimenti precisi a proposito delle altre produzioni italiane del gruppo, come le Alfa Romeo Giulia e Stelvio, così come non ci sono riferimenti all’attività Jeep di Melfi, che come noto ha come linea parallela quella che produce le Fiat 500X, “gemella” della Jeep Renegade.
SELEZIONE DI MODELLI - È invece chiara la logica di fondo su cui poggia il piano: puntare a lasciare in Italia soltanto produzioni di modelli più remunerativi rispetto a quelli di grande massa come la Fiat Panda e la Fiat Punto. Del resto la cosa rientra in quella che è la filosofia esplicita del Ceo Sergio Marchionne, che non molto tempo fa ha detto che laddove il lavoro ha costi più elevati occorre costruire vetture che rendono parecchio, o quanto meno più delle utilitarie prodotte e vendute in grandissimi numeri.
STRATEGIA CHIARA, MA NON DI TUTTI - Si tratta di una strategia abbastanza diffusa: spostare verso l’alto il baricentro della propria gamma così da avere un listino con prezzi più elevati, che naturalmente consentono margini più elevati. Questa politica non è però l’unica. In altri paesi le case si sono impegnate molto, con trattative durate anche parecchi mesi, per arrivare ad accordi che consentissero il mantenimento della produzione, senza delocalizzare all’estero e senza cancellare ampie parti della gamma. Come per esempio avvenuto in Francia con Renault e gruppo PSA.