AUTARCHIA DEL SOFTWARE - La partita su una possibile costruzione di un impianto di produzione della Dongfeng n Italia, di cui abbiamo dato notizia qui, non si gioca soltanto su questioni misurabili come possono essere il numero di auto prodotte o la quantità di posti di lavoro messi a disposizione. Secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg, il governo italiano infatti vorrebbe dalla casa cinese rassicurazioni anche su questioni, come la sicurezza informatica e la protezione dei dati. In particolare, come riportano alcune fonti, l’esecutivo chiederebbe per motivi di sicurezza che i sistemi di infotainment arrivino da fornitori locali, in modo che i dati dei clienti siano raccolti e gestiti nel nostro paese. Una mossa che, se confermata, seguirebbe l’attenzione posta sull’argomento software negli Stati Uniti, dove si sta valutando di imporre limiti alle tecnologie cinesi (qui per sapere di più).
PIÙ INCENTIVI - Non solo: l’Italia vorrebbe anche che almeno il 45% dei componenti di ogni vettura sia prodotto nel nostro paese. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, aveva annunciato al “Tavolo automotive” la volontà di rimodulare gli incentivi auto dei prossimi anni nell’ottica di privilegiare le produzioni ad alto contenuto di componentistica italiana ed europea. Quindi la stessa Dongfeng per accedere agli incentivi così rimodulati avrebbe tutto l’interesse ad adottare componenti provenienti da fornitori del nostro paese.
LA STRADA PER IL MILIONE - L’obiettivo dichiarato del governo presieduto da Giorgia Meloni è di riportare la produzione italiana di veicoli almeno a 1 milione di unità entro il 2030 (gli ultimi dati relativi al 2023 parlano di una produzione di 880.000 veicoli). Per questo da tempo premier e ministri sono alla ricerca di un costruttore che possa portare parte della sua produzione in Italia: dopo colloqui con diverse case cinesi che però hanno preferito altri lidi, la quadra sembra essersi trovata proprio sulla Dongfeng (nella foto qui sopra la sede di Wuhan), a sua volta desiderosa di avere una “base” in Europa, anche per aggirare i dazi dell’Unione Europea sulle auto elettriche cinesi. Come visto, restano da limare alcuni dettagli, ma la strada sembra ben avviata.