SULLE MONTAGNE RUSSE, ANZI CINESI - C’era una volta la joint venture nata dall’accordo fra Stellantis e Guangzhou Automobile Group (GAC) per produrre le Jeep in Cina. C’era ma non ci sarà più: i due soci hanno infatti detto che la “jv” sarà dichiarata fallita, uno smacco notevole dato che Jeep era il marchio estero che vantava di essere il primo a essere presente in Cina. Stellantis a fine ottobre ha infatti diramato uno scarno comunicato nel quale dichiarava che “Gli azionisti della joint venture GAC-FCA, Guangzhou e Stellantis, hanno approvato una risoluzione che autorizza la joint venture a dichiarare fallimento, in un contesto di perdite. Stellantis ha completamente svalutato il valore della sua partecipazione nella GAC-FCA e delle altre attività correlate nei risultati finanziari del primo semestre 2022. Stellantis continuerà a fornire servizi di qualità ai clienti del marchio Jeep in Cina, esistenti e futuri”.
VENDITE A PICCO - GAC ha affermato che la joint venture aveva passività per quasi l'111% delle sue attività, per un valore di 7,3 miliardi di yuan (1 miliardo di dollari), un valore che non avrebbe colpito in modo significativo le sue operazioni. Il comportamento di Stellantis è stato un po’ erratico, dato che solo pochi mesi fa aveva detto di voler aumentare la sua partecipazione nella joint venture passando dal 50 al 75%, ricevendo però un rifiuto da parte della GAC; poco dopo dichiarava chiusa la sua esperienza con l’azienda cinese (qui la notizia). Nel corso dell’assemblea degli azionisti, nello scorso luglio, il ceo di Stellantis Carlos Tavares ha dichiarato che negli ultimi cinque anni "l'influenza politica" sul business con i suoi partner cinesi è aumentata, cosa che ha suscitato una reazione stizzita da parte di GAC. Il declino delle vendite cinesi di Jeep è stato drammatico: la gamma - Cherokee e Compass - è in forte calo da 4 anni e i 20.396 veicoli venduti nel 2021 sono un dimezzamento rispetto al 2020. Quest’anno la joint venture ha venduto solo 2.000 auto.
MODELLO DI BUSINESS ARRETRATO - Stellantis ha poi dichiarato che perseguirà in Cina un modello di business basato sull'importazione e che non avrà impatti negativi a lungo termine dalla rottura con GAC. Reuters riferisce che Bill Russo, ex dirigente Chrysler a capo della società di consulenza Automobility con sede a Shanghai, ha affermato che la Jeep non è riuscita a tenere il passo con i cambiamenti del mercato cinese e dei suoi clienti. Secondo Russo "Jeep aveva le carte in regola per avere successo in un mercato che guarda con favore ai suv sportivi ma aveva un modello di business degli anni '80 nel 21° secolo". Il gruppo Stellanti vuole che i suoi ricavi in Cina, il mercato più grande del mondo, raggiungano i 20 miliardi di euro entro il 2030, un balzo enorme rispetto ai 3,9 miliardi di euro complessivi fatturati in Cina, India e Asia Pacifico nel 2021.
PROSPETTIVE COMPLICATE - Carlos Tavares aveva anche sollevato la questione delle politiche doganali che davano vantaggi ai costruttori cinesi (qui la notizia) e quindi non sarà facile aumentare così tanto i ricavi in Cina basandosi solo sulle esportazioni. C’è anche dell’altro: il mercato cinese si è spostato rapidamente verso i veicoli elettrici e i marchi nazionali hanno conquistato quote importanti, mettendo in forte difficoltà i marchi legacy che hanno ancora un’offerta limitata di BEV: chissà se la Jeep Avenger elettrica (qui le caratteristiche) avrà successo. Le joint venture, sulle quali la Cina aveva insistito allo scopo che i marchi stranieri condividessero la tecnologia con le case locali, sembrano inoltre sulla via del tramonto. A sostenerlo è Chee-Kiang Lim, ceo della divisione Cinese della società di consulenza statunitense Urban Science, che pensa che le Case automobilistiche cinesi sono "fiduciose di aver colmato il divario con i loro partner stranieri (in qualche caso pensano di averle superate) e quindi è probabile che altre joint venture si si scioglieranno nei prossimi anni”. Verrà quindi a mancare un’importante strumento con il quale i costruttori occidentali potevano entrare in quello sconfinato mercato mentre i marchi orientali stanno entrando velocemente in Europa: urgono quindi (buone) idee.