NESSUN CAMBIO DI ROTTA - “Al momento non vediamo segnali che ci spingono a cambiare rotta. Posso dire che le cose stanno andando bene, ma siamo prudenti: al giorno d’oggi, per dire, basta uno sciopero dei trasportatori per creare problemi enormi alla rete. Ma lavoriamo duro, seguiamo la nostra strada”. Queste le parole con cui l’amministratore delegato del gruppo Renault, Luca De Meo (nella foto qui sopra), ha aperto l’incontro con i giornalisti italiani al salone di Parigi.
UN MATRIMONIO “LIBERO” - L’Alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi? De Meo, scherzandoci su, la descrive come “un matrimonio moderno: ognuno fa le sue cose e facciamo insieme le cose che ha senso fare insieme. Seguiamo un approccio di sostanza, non di chiacchiere. Le economie di scala sono fondamentali, ma fondere insieme due aziende che stanno a 10.000 chilometri di distanza l’una dall’altra e operano su mercati diversi non avrebbe alcun senso. Per questo teniamo aperte altre opportunità di collaborazione, come con Geely per la produzione di motori termici in Spagna e della Polestar 4 in Corea”.
UN MERCATO CHE CAMBIA MOLTO IN FRETTA - “La domanda nel mercato dell’auto è diventata molto volatile, le tecnologie evolvono tanto e in fretta”, ha detto De Meo, spiegando che resteranno della partita i costruttori con strutture di gestione compatte, agili, ma soprattutto capaci di adattarsi velocemente ai cambiamenti. Le difficoltà che qualche anno fa hanno messo a dura prova il gruppo Renault? Sembrano acqua passata. “Abbiamo trasformato la crisi in opportunità”, dice il manager milanese, “e i frutti del nostro lavoro cominciano a vedersi”.
SERVE UN GIOCO DI SQUADRA - Gli incentivi? Secondo De Meo, devono essere la ciliegina su una torta già fatta e finita, e che funziona. Nei prossimi due anni usciranno circa 100 nuove auto elettriche in Europa, ma noi portiamo avanti anche altre tecnologie. Noi, come gruppo, lavoriamo per creare un mercato europeo competitivo, ma leale. Non vogliamo seguire l’esempio degli americani, che guidano pick-up da tre tonnellate per portare i figli a giocare a basket. Vogliamo un’industria che nei prossimi anni sia forte sui temi del futuro: l’elettrico, i software, la guida autonoma. Vogliamo essere sul pezzo. Come ci organizziamo per riuscirci? Tutti devono fare la loro parte, è un lavoro di squadra in cui conta molto anche il contributo della politica".
LO SPAURACCHIO DELLE AUTO CINESI - Sui dazi europei contro le auto cinesi, De Meo preferisce non commentare, ma è convinto che nei confronti dei colossi del Paese del Dragone esista un timore diffuso ingiustificato: "Sul mercato europeo valgono il 3%. Invece sui giornali leggo spesso che ci stanno massacrando. Di fatto, però, non sono ancora saliti sul ring".
L’AUTO NON PUÒ ESSERE MESSA IN DISCUSSIONE - Un’Europa senza l’automobile? Per De Meo sarebbe una sconfitta totale: “La bilancia europea dei pagamenti sta in piedi grazie all’industria dell’auto. Negli ultimi quattro, cinque anni si è concretizzato un disavanzo di 400 miliardi verso la Cina. Sono capitali che vanno fuori. Non ci va un premio Nobel per l’Economia per capirlo. Il problema è che nei corridoi di Bruxelles ci sono troppi lobbisti che hanno interessi completamente diversi e non tengono conto dei problemi che negli ultimi anni hanno destabilizzato l’industria dell’auto europea, come il Covid, la crisi dei semiconduttori, fino ad arrivare alla non competitività del prezzo delle materie prime che servono a produrre le batterie. Un settore ancora saldamente in mano alla Cina”.