LA REAZIONE - “Un bagno di sangue sui prezzi e sui margini”, così Sergio Marchionne ha definito la politica di sconti del gruppo Volkswagen in occasione di un'intervista rilasciata all'International Herald Tribune (leggi qui la news). Parole certo non gradite dalle parti di Wolfsburg, dove ha sede il colosso tedesco (foto sopra), tanto che oggi per bocca di Stephan Gruehsem, responsabile della comunicazione della Volkswagen, i tedeschi hanno chiesto che il top manager italo-canadese si dimetta dal ruolo di presidente dell'Acea, l'associazione dei costruttori operanti in Europa. In un'intervista rilasciata al Wall Street Journal, Gruehsem ha dichiarato che “Marchionne è insopportabile come presidente dell'Acea” e, chiedendo le sue dimissioni, ha paventato l'ipotesi che il gruppo Volkswagen possa uscire dell'associazione.
L'ACCUSA - Secondo Sergio Marchionne, grazie alla sua solidità economica, dovuta in gran parte ai profitti che genera in Cina, il gruppo Volkswagen starebbe applicando in Europa una politica di sconti che riduce drasticamente i margini sulle singole auto vendute e mette fuori mercato concorrenti già in difficoltà come Fiat, Opel, Citroën, Peugeot e Renault. L'accusa è chiara: l'importante sarebbe vendere, anche senza guadagnarci un soldo, pur di conquistare importanti quote di mercato. Stando alle indiscrezioni si tratterebbe di un pensiero condiviso anche da top manager dei costruttori francesi, quelli maggiormente in difficoltà, anche se nessuno si sarebbe pubblicamente espresso come Marchionne.
RAGIONI POLITICHE - A contrapporre Sergio Marchionne ai vertici del gruppo Volkswagen ci sarebbe alla base il tema della sovraccapacità produttiva, ovvero quello di avere stabilimenti che producono molto meno di quanto potrebbero. Un problema che rende necessaria la chiusura di impianti e tagli alla forza lavoro, per il quale viene auspicato da più parti un intervento dell'Unione Europea, molto sentito da quei costruttori le cui vendite sono principalmente legate al mercato europeo (per il quinto anno in recessione), come Fiat, Opel, Citroën, Peugeot e Renault, che, a differenza dei tedeschi (comprese BMW e Mercedes), non possono contare sul forte incremento delle vendite negli Usa e in Cina.