Detti anche ZEV (Zero Emission Vehicle), questi modelli si affidano alla sola elettricità per muoversi. I principali componenti sono:
Il motore elettrico, che ha un doppio ruolo: oltre a muovere la vettura, quando viene trascinato (in fase di decelerazione e frenata) si trasforma in generatore di corrente, e ricarica le batterie. Rispetto ai motori a combustione interna, spinge in modo omogeneo in un campo di regimi molto più ampio: già da “0” giri/minuto, fino a oltre 10.000. Se ne avvantaggiano la ripresa e l’accelerazione, e non è necessaria la presenza del cambio. Non essendoci combustione, sono assenti le emissioni di sostanze nocive allo scarico. E anche il rumore è assai ridotto.
Le batterie per l’accumulo dell’energia. Le più diffuse sono quelle agli ioni di litio e ai polimeri di litio, la cui capacità (espressa in kiloWattora, kWh) è sufficiente per assicurare autonomie “reali” (nei modelli più recenti) di 200-300 km. Le percorrenze realizzabili con un “pieno” delle batterie variano molto in base all’utilizzo dei diversi dispositivi: luci, radio, tergicristallo, riscaldamento e così via. Infatti, diversamente da quanto accade in un’auto tradizionale, tutti i dispositivi (incluso il climatizzatore) sono elettrici e, quindi, consumano corrente. Per evitare che l’auto si fermi improvvisamente con le batterie scariche, un sistema limita progressivamente il consumo di energia quando si entra “in riserva”, prima spegnendo in automatico il climatizzatore e altri dispositivi elettronici, poi riducendo potenza e velocità per garantire almeno altri 15-20 km di percorrenza. Oltre alla capacità insufficiente a garantire un’autonomia equivalente a quella delle vetture tradizionali, le batterie hanno anche altri limiti. Il primo è quello dei lunghi tempi di ricarica: facendo il “pieno” nel proprio box servono parecchie ore (si arriva anche oltre le 20 per le auto con l'autonomia più elevata, che hanno accumulatori più "grandi" da riempire), mentre sono ancora poche, per lo meno in Italia, le colonnine pubbliche “rapide” (30 minuti o poco più per una carica completa). Inoltre, l’elevato costo di produzione degli accumulatori si ripercuote sui prezzi delle auto (o su quelli di utilizzo, se le batterie sono fornite a noleggio).
L'inverter che trasforma la corrente continua in alternata necessaria per azionare il motore.
Il riduttore, ovvero il gruppo di ingranaggi che collega il motore alle ruote motrici.
La centralina di gestione, che può essere programmata per introdurre delle “marce” virtuali (utile nelle discese quella che aumenta il freno motore, per incrementare la ricarica delle batterie e ridurre l’uso dei freni) o differenti modalità di guida, quali la “eco” pensata per ottimizzare i consumi e, di conseguenza, incrementare l’autonomia.
La presa di carico che, insieme al caricabatteria montato nella vettura, consente il “rifornimento” dalla presa elettrica tramite il cavo fornito di serie.
Il sistema di sicurezza dell’impianto elettrico che prevede diverse soluzioni per evitare rischi di “scossa” o incendio, come il posizionamento delle batterie in zone protette e rinforzate (in genere al centro del pianale) e il loro raffreddamento con apposito impianto. Inoltre gli accumulatori sono avvolti in involucri metallici ad alta resistenza e l’intero impianto elettrico è a tenuta stagna e include un dispositivo che esclude automaticamente il passaggio di corrente in caso di urti o anomalie. Le elettriche sono sottoposte agli stessi crash test obbligatori per l’omologazione di qualunque altra vettura.