Il britannico è un predestinato che finora non ha palesato le stimmate del campione: figlio di Jonathan Palmer, detto “Il Dottore” per avere conseguito una laurea in medicina, onestissimo pilota di Formula 1 negli anni Ottanta (specie quando corse per la Tyrrell) e proprietario di un buon numero di autodromi inglesi, il venticinquenne è arrivato in Formula 1 grazie a molte scelte oculate. Transitato per la Formula Palmer Audi organizzata dal padre e per la Formula 2 (disastroso il debutto nel 2009, ottimo secondo nel 2010), è stazionato in GP2 per quattro anni: nessun punto nel 2011, una vittoria nel 2012, due nel 2013 e quattro (con titolo vinto) nel 2014. Terzo pilota per la Lotus nel 2015, ha spesso girato il venerdì al posto di Grosjean: qualcosa che il nostro Davide Valsecchi, nel 2013, non è riuscito a fare pur essendo anch'egli campione in carica della GP2. Nei test precampionato, Palmer ha sbagliato poco e – stando l'impossibilità di valutare i tempi sul giro – questo è già un buon viatico: nel 2016 è chiamato a staccare definitivamente il suffisso “junior” dal cognome e a brillare di luce propria.