Dopo essere stato disputato a Sebring, Riverside, Watkins Glen (affiancato anche da Long Beach per la costa ovest), Dallas, Detroit e Phoenix, il Gran Premio degli Stati Uniti è in programma nel moderno impianto di Austin, in Texas. Tanto basta (senza dimenticare che, fino al 1960, la 500 miglia di Indianapolis era valida per il Mondiale, e che una porzione dello stesso tracciato è stata usata fino al 2007) per capire quanto il rapporto tra USA e Formula 1 sia complesso: un'attrazione reciproca, ma mai un vero amore. Sono 20 le curve che compongono il circuito di Austin, anch'esso progettato da Hermann Tilke: la prima curva è in salita, seguendo l'andamento naturale del terreno, e la zona dell'arrivo trae ispirazione dalla sequenza Maggots-Becketts di Silverstone. Se si sbaglia traiettoria in questo punto, è molto difficile recuperare in termini cronometrici. La sequenza di curve dalla 12 alla 15 ricorda il Motodrom di Hockenheim, e quella successiva (16-18) ricrea la Curva 8 dell'Istanbul Park (dove si è corso dal 2005 al 2011), con punti di corda multipli. La carreggiata è ampia, e aiuta in fase di sorpasso – e anche nel caso di errore, gli spazi di fuga sono congrui. La migliore opportunità per sorpassare è alla fine del rettilineo che raccorda le curve 11 e 12, lungo circa un chilometro: la frenata è violenta, perché la curva 12 è molto secca. Non elevatissima in assoluto la punta massima raggiungibile (310 km/h circa), mentre la massima accelerazione laterale sfiora i 3 g e viene ottenuta tra le curve 6 e 7. Nel 2015, con le prove disputate di domenica a causa del passaggio dell'uragano Patricia su Texas e Messico, il successo è andato a Lewis Hamilton (Mercedes), che così ha vinto il titolo con tre gare d'anticipo; secondo Nico Rosberg (Mercedes) e terzo Vettel (Ferrari). Ottimo il quarto posto di Verstappen (Toro Rosso), a lungo in corsa per il podio, e confortante – pur se frutto di una strategia di gara oculata accorta più che di una monoposto competitiva - il sesto di Button (McLaren).