L’EUROPA HA DECISO - I motori a scoppio, compagni fedeli dei nostri spostamenti da più di un secolo, non potranno più equipaggiare le automobili nuove vendute in Europa dal 2035 (qui la news). La decisione dell’Europarlamento ha una portata epocale perché cambierà radicalmente le abitudini degli automobilisti e l’impostazione di un settore industriale che ha un peso molto rilevante nell’economia europea (e mondiale). Il voto di Strasburgo ha sollevato un vespaio di commenti: se molti sono preoccupati e qualcuno è persino polemico, c’è anche chi pensa che questa decisione sia giusta e offra occasioni positive. Una voce fuori dal coro è per esempio quella di Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil Piemonte, che invita "il sistema industriale italiano legato alla produzione dell'endotermico a non perdere l'occasione e ad adeguarsi e innovare. È inutile fare gli ultimi di un vecchio processo produttivo, pensiamo ad approfittare del salto tecnologico, senza però lasciare indietro nessuno". Dello stesso tenore è il parere di Alberto Stecca, ceo di Silla Industries, startup che produce wallbox e ha accordi con Totem per fornirne di personalizzate per la fantastica GT Electric (qui la notizia). Stecca ricorda che “le immatricolazioni di aprile dicono che l'auto elettrica più venduta in Europa è la Fiat 500 e il gruppo Stellantis pesa più di Volkswagen nel settore delle vetture elettriche pure. Quindi qualcuno che si sta preparando per tempo già c'è, anche se i volumi sono ancora piccoli, mentre gli altri hanno 13 anni di tempo per adeguarsi”.
PREOCCUPAZIONI GENERALIZZATE - Di tutt’altro tenore le altre reazioni, a partire da quelle di altre sigle sindacali. L’agenzia Ansa riporta che il segretario nazionale della Fim, Ferdinando Uliano, sollecita "l'immediata convocazione del tavolo ministeriale dell'automotive. È fondamentale non perdere ulteriore tempo davanti a una transizione epocale che mette a rischio, se non governata, oltre 75.000 posti di lavoro nel nostro Paese". Anche Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil, chiede che "parta subito con il confronto tra governo, sindacati e imprese. Il silenzio del Governo è ormai insostenibile e non si spiega nel momento in cui sindacati e sistema delle imprese insieme stanno chiedendo e sollecitando l'apertura di un tavolo specifico con la presidenza del consiglio e i ministri competenti". Se Cgil Piemonte vede delle positività, secondo il presidente degli industriali torinesi la decisione “è un durissimo colpo per il settore automotive: il voto del Parlamento Europeo ribadisce un'impostazione ideologica a favore dell'elettrico e pone in serio rischio la filiera dell'auto italiana e continentale". Anche Gilberto Pichetto, viceministro allo Sviluppo Economico, ritiene che questa sia "una soluzione molto ideologica e poco realistica. È difficile immaginare come sarà il 2035. Continuo a non immaginare il Gran Premio di Monza senza il rombo del motore delle auto in pista. Bisognava ridurre le emissioni in modo graduale tenendo conto della realtà che stiamo vivendo".
LAVORATORI A RISCHIO - Da Anfia si commenta che sono “70.000 i posti di lavoro a rischio nell'industria automotive italiana, legata alla produzione di componenti che non serviranno per l'elettrico. A oggi l'elettrico non è in grado di compensare la perdita di questi posti di lavoro, non basta costruire colonnine di ricarica o altri componenti”. Il direttore di Anfia, Gianmarco Giorda, sostiene che servono azioni per portare in Italia la filiera legata alla produzione di batterie per le auto elettriche". Sempre in Anfia si ritiene che non si sia ben capito che la produzione delle batterie comprende anche attività minerarie, per l’estrazione delle materie prime, e quelle chimiche necessarie per la conversione di questi materiali negli elementi delle batterie stesse, senza contare che il grosso dei minerali necessari attualmente arriva dalla Cina. Si confida però nelle trattative fra gli Stati che compongono l’Unione Europea per modulare meglio quella che viene definita “una decisione che mette a rischio l’Europa intera”.
PREZZI PIÙ ALTI - È poi da notare che, anche se il costo dei powertrain elettrici sta scendendo al punto che dovrebbe intersecare quello delle automobili tradizionali fra il 2024-2026, l’incrocio avverrà a un livello più alto. Anche i veicoli con i motori a combustione costeranno infatti di più perché le norme Euro 7 (che potrebbero entrare in vigore nel 2026, qui la notizia) complicheranno ancor di più i già sofisticati dispositivi di trattamento dei gas di scarico. Luca De Meo, presidente e ceo della Renault, in occasione del suo incontro con i vertici Anfia (qui per saperne di più) ha infatti affermato che “che nel breve termine sarà impossibile avere automobili nuove a meno di 20.000 euro, siano esse elettriche o tradizionali. Il rispetto degli standard delle prossime norme anti-inquinamento comporta infatti costi di sviluppo e produzione sempre più alti che si rifletteranno sul prezzo d’acquisto”.
COME FACCIAMO L’ENERGIA? - Le automobili elettriche andranno anche ricaricate e secondo McKinsey per raggiungere il taglio della CO2 necessario al raggiungimento dei target del piano Fit for 55 servirebbero 6,8 milioni di punti di ricarica pubblici in Europa al 2030, cifra ben lontana dai 300.000 attuali. Ci si preoccupa anche della generazione dell’ingentissima quantità di energia necessaria ad alimentare questa marea di punti di ricarica, la cui produzione è attualmente tutt’altro che ‘verde’, e della produzione delle batterie che, consumando molta energia, emette parecchia anidride carbonica. L’auto elettrica appare comunque in vantaggio nel suo ciclo vita perché durante il suo funzionamento non ha emissioni allo scarico e le sue batterie saranno sempre più riciclabili.
CONFIDIAMO NELLA TECNOLOGIA - Un ventaglio di opinioni così ampio che non è facile farsi un’idea ma una cosa sembra evidente: la tecnologia delle auto elettriche moderne ha meno di 20 anni (la prima Tesla Roadster è stata venduta nel 2008) ed è quindi lecito aspettarsi grandi innovazioni che ne miglioreranno sia il prezzo sia i processi di produzione. Anche la filiera delle batterie, se portata in Europa, potrebbe assorbire molti dei lavoratori che perderanno il posto a causa delle auto ‘alla spina’. La fase della transizione, però, appare piuttosto turbolenta e ricca di incognite dal punto di vista produttivo, sociale ed economico. Ricordiamo che la data del 2035, se confermata, riguarda però i soli veicoli nuovi: le automobili usate tradizionali e ibride continueranno quindi nel loro cammino per molti anni ancora.