BMW: dieci “M” da batticuore

L’epopea della M5, oggi giunta alla sesta generazione, comincia nel 1984 con la prima Serie 5 griffata Motorsport, presentata al salone di Amsterdam del 1984 come alternativa più veloce e potente alla già grintosissima (e nettamente più vistosa) M535i. Prodotta fino al 1988 in soli 2241 esemplari, la M5 conserva l’eleganza sobria delle “normali” E28, dalle quali si differenzia per l’assetto ribassato e le ruote più grandi. Sotto il cofano pulsa l’ormai ipercollaudato 6 cilindri da 3,5 litri già visto sulla M635CSi e i 286 CV, come da tradizione per la casa bavarese, sono scaricati a terra dalle sole ruote posteriori, in questo caso con il supporto di un differenziale autobloccante al 25%. La pratica 0-100 km/h è archiviata in sei secondi e mezzo, mentre la lancetta del tachimetro corre veloce fino a 245 km/h.

È la M3 per antonomasia. La più pura, la più irruenta, la più famosa, con un palmarès che poche altre berline sportive possono vantare. Rimane la regina indiscussa delle gare di turismo, che a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90 ha dominato in lungo e in largo, regalando alla casa di Monaco un titolo mondiale, due europei, due tedeschi, due francesi, due britannici, quattro italiani ed esaltando il talento di grandi piloti, tra cui i “nostri” Roberto Ravaglia ed Emanuele Pirro. La versione stradale, rimasta sulla breccia dal 1986 al 1992, monta motori quattro cilindri in linea a sedici valvole da 2,3 e 2,5 litri, con potenze che oscillano tra i 195 CV e i 238 CV e una velocità di punta che, nella versione più performante, la Sport Evolution, sfiora i 250 km/h.

Con un salto quantico rispetto al modello di prima generazione entra gamba tesa nel club esclusivo delle GT ad alte prestazioni. Merito di una linea nettamente più moderna e di un nuovo, più potente motore da quasi tre litri, per la prima volta a sei cilindri. Con 286 CV, solo un limitatore elettronico impedisce alla nuova M3 di infrangere il muro dei 250 km/h. Altra novità assoluta è il variatore di fase a controllo totalmente elettronico. Denominato Vanos, corregge e detta i tempi di apertura e chiusura delle valvole a seconda dei giri del motore, garantendo un’erogazione più fluida e corposa. Le versioni cabriolet e berlina debuttano nel 1994, mentre l’anno successivo la cilindrata del motore aumenta a 3,2 litri e la potenza massima a 321 CV: mai, prima di allora, una M3 aveva oltrepassato la fatidica soglia dei 100 CV/litro.

La perfezione, si sa, è impossibile da raggiungere, e arrivare a rasentarla è una cosa per pochi. Nel 1998 la casa di Monaco ci si avvicina con la versione ad alte prestazioni della Serie 5 di quarta generazione, un’auto che ancora oggi, a 26 anni dal lancio, lascia a bocca aperta per l’eleganza senza tempo delle sue forme e la straordinaria qualità con cui è stata costruita. Per la prima volta nella sua storia, la M5 adotta un motore V8 interamente in alluminio ad alimentazione singola, con una valvola a farfalla per cilindro, doppio Vanos e un sistema di lubrificazione a carter semi-secco. Derivato dal 4.4 della 540i, l’otto cilindri è modificato con una testata a quattro alberi a camme, due per bancata, raggiungendo una cilindrata di quasi cinque litri e una potenza di 400 CV. La velocità, com’è consuetudine per le più potenti e prestigiose berline tedesche, è autolimitata a 250 km/h, mentre per passare da 0 a 100 km/h bastano 5,3 secondi. Lo stesso tempo, decimo più decimo meno, della coeva Porsche 911 Carrera.

Prendete la bellezza pura e incontaminata della Serie 3 E46 Coupé, aprite il cofano e infilateci il più potente tra i sei cilindri in linea aspirati costruiti dalla BMW per le auto stradali. Il risultato, stratosferico, condensa il meglio che la casa dell’elica potesse offrire all’alba degli anni 2000 in termini di tecnica e stile. Con 343 CV, il “3200” vanta una potenza specifica di circa 107 cavalli/litro, un valore eccezionale per un motore ad alimentazione atmosferica. Sulla terza generazione della M3 debutta, nel 2001, il cambio robotizzato SMG: derivato dall’esperienza del team BMW Williams di Formula 1, è meno appagante del tradizionale manuale a 6 marce, anche se consente di passare da una marcia all’altra in appena 80 millisecondi. Nel 2003, invece, è la volta della versione CSL, che grazie a una dieta a base di fibra di carbonio perde 110 kg e con nuovi alberi a camme e un sistema di aspirazione migliorato guadagna 17 CV.

La linea della Serie 5 E60 è a dir poco controversa e dopo tanti anni continua a dividere gli appassionati tra feroci detrattori e impavidi estimatori. Non si discute, invece, la M5, che nel 2004, con il modello di quarta generazione, porta al debutto un V10 da cinque litri ispirato ai più moderni motori di Formula 1. Il sofisticato impianto di alimentazione è dotato di 10 corpi farfallati, la lubrificazione è affidata a quattro pompe dell’olio, la distribuzione sfrutta il dispositivo Doppio Vanos. Tale motore, condiviso con la sorella M6, è stato il primo 10 cilindri a V prodotto dalla BMW per un’auto di serie e ha conquistato per tre anni consecutivi il prestigioso premio "Engine of the Year”.

Come la sorella maggiore M5 E60, anche la quarta generazione della BMW M3 si distingue per le raffinate soluzioni tecniche del suo motore, che per la prima volta nella storia del modello adotta una configurazione V8. Derivato direttamente dal 10 cilindri a V della M5, ha una cilindrata di quattro litri, sviluppa 420 CV e, pur essendo più grande, pesa 15 kg in meno rispetto al 6 cilindri in linea della M3 di precedente generazione. La cura dimagrante è stata applicata anche alla carrozzeria, alleggerita da alcuni componenti realizzati in plastica rinforzata con fibra di carbonio, tra cui il tetto e il cofano anteriore.

In vendita dal 2018, la BMW M5 di ultima generazione, spinta da un V8 bi-turbo da 4,4 litri e 600 CV (625 CV nella più potente versione Competition), è offerta per la prima volta anche in una variante a quattro ruote motrici. Il sistema di trazione integrale, denominato M xDrive, ripartisce la coppia motrice a seconda della modalità di guida selezionata, con la possibilità di trasferirla interamente alle sole ruote posteriori.