SPAURACCHIO DELLA CHIUSURA - Tra le grandi Case automobilistiche europee in crisi quella che nelle ultime settimane ha suscitato maggiore attenzione è la Volkswagen. I vertici del marchio tedesco hanno infatti più volte ribadito che i tagli messi in atto non sono sufficienti ad arginare la crisi, tanto da fare ipotizzare la chiusura di tre stabilimenti e il licenziamento di decine di migliaia di dipendenti. Da una parte ci sono i lavoratori e i sindacati, dall’altra un’azienda che deve fronteggiare l’agguerrita concorrenza asiatica, i maggiori costi dell’energia e la domanda delle elettriche in netto calo.
LE TRATTATIVE - Nelle ultime settimane sono avvenute degli incontri tra le parti per trovare un accordo. L’obiettivo è chiaramente quello di scongiurare la chiusura degli stabilimenti salvando i posti di lavoro. Alla vigilia della terza sessione di negoziati con i vertici Volkswagen, il sindacato Ig Metall e il Consiglio Aziendale rappresentato da Daniela Cavallo in qualità di presidente, hanno presentato una proposta di riduzione dei costi del lavoro di circa 1,5 miliardi di euro. Tra le azioni di razionalizzazione, rientra la sospensione dei bonus per lavoratori, dirigenti e membri del CdA, l’utilizzo dei soldi stanziati per gli aumenti salariali per la creazione di un fondo che finanzi orari di lavoro ridotti temporanei nelle aree dell'azienda dove si paga il surplus produttivo. Secondo Daniela Cavallo la crisi della Volkswagen non può essere risolta solo attraverso il taglio della forza lavoro.
ORA DEVONO VALUTARE - La contrapartita richiesta è quella di garantire la sicurezza del posto di lavoro negli stabilimenti tedeschi. Il membro del Consiglio di amministrazione per le risorse umane, Gunnar Killian, ha accolto positivamente la proposta dei sindacati, anche se non ha escluso la chiusura degli impianti.