Sono ufficialmente entrati in vigore i dazi del 25% che vengono applicati a tutte le auto prodotte al di fuori degli Stati Uniti (qui la notizia). Mentre le borse crollano per effetto delle tariffe generalizzate annunciate le scorse ore, l’industria automobilistica sembra essere uno dei settori più colpiti (al momento in cui scriviamo le azioni Stellantis stanno perdendo quasi il 7%), anche perché ai dazi del 25% sulle auto si aggiungeranno entro il 3 maggio anche ulteriori tariffe del 25% sui ricambi auto spediti da paesi stranieri. Il provvedimento mira a rivitalizzare la produzione automobilistica interna, sebbene la maggior parte degli analisti concordi sul fatto che ciò avrà forti ripercussioni sui prezzi delle auto per i consumatori finali, che inevitabilmente si alzeranno. Praticamente tutte le case saranno colite dai dazi, ma per alcune di esse il contraccolpo potrebbe essere più pesante. Vediamo quali sono le aziende più esposte.
Il produttore italio-franco-americano vende negli Stati Uniti marchi importanti come Chrysler, Dodge, Jeep e Ram, buona parte dei quali sono costruiti all’estero (secondo Cox Automotive, circa il 75% delle vendite negli USA vengono assemblate oltre il confine, in particolare in Messico, ma anche in Canada). Nel frattempo il gruppo ha sospeso la produzione in due impianti in nord americani, quello di Windsor in Canada e quello di Toluca in Messico. Il blocco temporaneo serve proprio per valutare l’impatto che i dazi avranno sull’importazione delle vetture negli USA.
Il Gruppo Volkswagen potrebbe essere uno dei più danneggiati in assoluto dai nuovi dazi: il costruttore di Wolfsburg ha una sola fabbrica negli USA, a Chattanooga in Tennessee, dove produce le suv Atlas e ID.4. Il resto delle Audi e delle Volkswagen arrivano dagli impianti in Messico, mentre le Porsche sono costruite in Germania. Anche chi produce maggiormente negli Stati Uniti come la BMW e la Mercedes saranno parecchio penalizzate, perché pur assemblando alcuni modelli in loco, molte componenti - tra cui i motori e le trasmissioni - vengono spediti dall’Europa o comunque al di fuori degli Stati Uniti.
Tutte le più grandi case automobilistiche giapponese hanno negli Stati Uniti il loro mercato più importante: qui esportano un gran numero di veicoli e ricambi. La Toyota, per esempio, ha venduto lo scorso anno 2,3 milioni di veicoli nel mercato statunitense e circa un milione di questi sono stati fabbricati in altri paesi, in particolare in Canada e Messico, oltre al Giappone naturalmente. Tuttavia, tra le giapponesi, la Toyota sarebbe quella messa meglio: gli analisti la considerano una delle aziende meglio gestite nel settore e ciò potrebbe far pesare meno i dazi rispetto ad altre case.
Anche il gruppo Hyundai, che racchiude in sé anche la Kia, ha realizzato grandi affari negli Stati Uniti negli ultimi anni. Il gruppo coreano ha investito in una nuova fabbrica di veicoli elettrici in Georgia, il che potrebbe aiutarli a diminuire il danno su alcuni modelli. A inizio settimana, il presidente del gruppo Euisun Chung ha annunciato che l’azienda avrebbe investito 21 miliardi di dollari negli USA. Tuttavia i due marchi non saranno in grado di evitare di pagare le nuove tasse su gran parte delle centinaia di migliaia i veicoli che esportano ogni anno dalla Corea agli Stati Uniti.
Anche molte case automobilistiche americane hanno delocalizzato la loro produzione al di fuori degli Stati Uniti. La General Motors importa molte delle sue auto e pick-up più venduti e redditizi soprattutto dal Messico (qui viene prodotta la Chevrolet Silverado per esempio). In generale, circa il 40% veicoli venduti dalla GM sul mercato americano viene assemblato all’estero. La Ford è meno colpita della GM, producendo in patria circa l’80% dei veicoli che vende sul mercato locale. Tuttavia la produzione americana dipende ancora molto dall’estero per componenti importanti come i motori: per esempio i propulsori di alcuni pick-up dell’ovale blu sono prodotti in Ontario, in Canada.
Secondo molti la Tesla, il cui ceo Elon Musk è ormai considerato il braccio destro di Trump alla Casa Bianca, sarebbe stata quella a giovare maggiormente dei dazi. Del resto la produzione delle auto vendute negli Stati Uniti arriva dalle fabbriche in California e in Texas. Tuttavia, come ha fatto notare lo stesso Musk con un post su X, le tariffe avranno conseguenze importanti anche sulla Tesla in quanto incideranno sul prezzo delle componenti che la Tesla acquista da Paesi stranieri. Nonostante ciò gli analisti concordano sul fatto che la casa automobilistica elettrica americana sarà tra le meno colpite dai nuovi dazi.
I dazi impatteranno meno nel settore del superlusso, dove chi è disposto a spendere centinaia di migliaia di dollari per un’auto continuerà probabilmente ad avere la possibilità di farlo. Alcune case sono però già corse ai ripari: la Ferrari, per esempio, ha alzato i prezzi dei suoi modelli in vendita negli USA del 10%. Il rincaro si applica anche alle auto già ordinate ma non ancora consegnate: “I contratti prevedono clausole chiare che consentono all’azienda di adeguare i prezzi nel caso in cui le condizioni commerciali cambino prima della consegna del veicolo”, ha spiegato un portavoce di Maranello.