A RISCHIO L’INDUSTRIA EUROPEA - La crisi tra Russia e Ucraina, al di là di quel che sarà l’esito della guerra e dei negoziati tra i due paesi, iniziati ieri, potrebbe cambiare il mondo più della pandemia, soprattutto se il fronte del conflitto dovesse continuare a espandersi. Al drammatico costo umano, già quantificabile in centinaia di vittime, si sommano gli effetti economici negativi del braccio di ferro tra Mosca e i paesi dell’Unione Europea, che in risposta all’azione militare di Putin hanno messo in piedi un potente impianto sanzionatorio contro l’economia della Russia, la quale, pur avendo un Pil nettamente inferiore a quello dell’Italia, rimane uno dei maggiori produttori ed esportatori di petrolio e gas naturale al mondo. Va da sé che rinunciarvi, per la produzione industriale, che ne è estremamente dipendente, potrebbe avere ripercussioni esiziali.
LA CRISI DELL’AUTO SI AGGRAVA - L’incubo della carenza delle materie prime, si apprende da un approfondimento del Corriere della Sera, si sta abbattendo come una tempesta sull’industria dell'automotive europea, già in preda a una recessione che dura ormai da quasi due anni a causa del Covid e si è ulteriormente aggravata per l’ormai cronica mancanza di semiconduttori. La crisi in Ucraina ha fatto letteralmente impazzire il prezzo del petrolio, schizzato a 100 dollari al barile per la prima volta in otto anni. Quest’anno sono aumentati anche l’alluminio (+20%) e il palladio (+26,7%), quest’ultimo appannaggio quasi esclusivo della Russia. Segnali che, sebbene gli analisti continuano a ripetere che è ancora troppo presto per stimare quanto durerà l’impatto della guerra e delle sanzioni sulle catene di approvvigionamento, preoccupano l’industria automobilistica occidentale, da tempo basata sulle catene del valore transfrontaliere. Emblematico l’esempio della Leoni, azienda che in Ucraina produce sistemi di cablaggio per conto delle case automobilistiche europee: la scorsa settimana ha chiuso i suoi due stabilimenti in Ucraina, mandando a casa circa 7.000 dipendenti. La Volkswagen, intanto, ha comunicato che non può più far produrre i sistemi di cablaggio in Ucraina e disporrà uno stop di diversi giorni per gli stabilimenti di Zwickau, cuore pulsante, nella Germania orientale, della produzione di veicoli elettrici, e di Dresda.
NICHEL, COBALTO E PALLADIO: UN DOMINIO RUSSO - Per fra fronte alla crisi, a poche ore dall’azione militare delle forze armate russe i costruttori automobilistici europei che si riforniscono di componenti provenienti dalla Cina e dall’Europa orientale hanno creato delle task force per sondare percorsi alternativi. Secondo UkraineInvest, un ente governativo che promuove gli investimenti in Ucraina, il paese ospita 22 società straniere come la Leoni che complessivamente gestiscono 38 fabbriche di cablaggi, parti elettroniche, sedili e altri prodotti per l’industria dell’auto. L’interruzione delle forniture di materie prime e materie prime da Russia e Ucraina, quindi, potrebbe peggiorare la carenza globale di semiconduttori, che ha già fortemente penalizzato le imprese del settore in tutto il mondo. Un esempio? Secondo JP Morgan, la russa MMC Norilsk Nickel PJSC estrae il 40% del palladio mondiale, utilizzato anche nei convertitori catalitici, nonché circa l’11% della produzione globale di nichel, materia prima impiegata nella produzione di batterie per veicoli elettrici. La Russia estrae inoltre circa il 4% del cobalto mondiale, un altro ingrediente fondamentale degli accumulatori. L’interruzione dei trasporti, che peggiora di giorno in giorno, e la chiusura degli spazi aerei, provocheranno ritardi, riduzioni della capacità e aumenti delle tariffe. Una stangata che avrà ripercussioni a lungo termine sull’industria europea.
L'EMBARGO DELLE CASE - Intanto, parte l'embargo di una parte dell'industria automobilistica europea contro Mosca. Le prime case costruttrici a decidere la sospensione delle consegne di auto nuove in Russia sono state la Volkswagen, la Land Rover e la divisione dei veicoli commerciali della Daimler, alle quali, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, si è da poco aggiunta la Volvo, preoccupata, in seguito dalle sanzioni imposte dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti, per i “potenziali rischi associati allo scambio di beni con la Russia". Il fronte delle case che hanno deciso di escludere la Russia dalla propria rete commerciale sembrerebbe destinato a espandersi ulteriormente, minacciando la tenuta di un mercato congenitamente debole. Dal 2015 le vendite annuali di auto nuove in Russia oscillano tra 1,4 e 1,8 milioni. Quasi metà dei veicoli nuovi immatricolati in Russia nel 2021 appartengono ai marchi Hyundai e Kia, Avtovaz (una controllata della Renault) e Renault-Nissan-Mitsubishi.