Lancia Stratos: da 50 anni mito e orgoglio italiano

Al salone di Torino del 1971 la Lancia Stratos che prefigura il modello di serie prossimo al debutto arriva senza un motore: i tecnici della casa torinese dietro all’abitacolo a due posti vorrebbero installare, aggiornandolo, il V6 delle vecchie Aurelia e Flaminia, ma ragionano anche su un “arrangiamento” del sei cilindri a V della Fiat 130, sebbene quell’unità si riveli ben presto troppo pesante per un’auto che proprio sulla leggerezza e sull’agilità doveva riuscire a costruire la propria fortuna. 

A risolvere l’impasse sarà Enzo Ferrari in persona, che accetterà di fornire il V6 della Dino 246 GT. Rispetto a quello che equipaggia la berlinetta del Cavallino Rampante, il motore della Lancia Stratos si differenzia per alcune modifiche all’impianto d’aspirazione e per i carburatori Weber a doppio corpo di tipo verticale. Scaricata sulle sole ruote posteriori attraverso un cambio anch’esso proveniente da Maranello e opportunamente modificato, la potenza massima è di 190 CV: in rapporto a un peso a vuoto inferiore alla tonnellata, assicura prestazioni brillanti, con una velocità di circa 225 km/h e un tempo di 26,7 secondi per percorrere un chilometro con partenza da fermo.

Lunga 3,71 metri, larga 1,75 e alta poco più di 1,10, con un passo di 2,18 metri, la Lancia Stratos è stata la prima automobile al mondo concepita e progettata per eccellere nelle gare su strada. La posizione di guida molto avanzata e l’eccellente visibilità, garantita dal parabrezza ampio e avvolgente e dai montanti sottilissimi, unite al baricentro molto basso, all’ottima distribuzione dei pesi e a un motore che, sulle versioni da corsa, fornisce una potenza di circa 280 CV, ne fanno un’auto da rally davvero completa ed efficace su ogni superficie.

La Lancia Stratos debutta prima nelle corse e solo successivamente sul mercato. L’avventura nei rally, categoria che per un certo periodo domina incontrastata, regalando alla casa torinese tre mondiali Costruttori consecutivi nel 1974, 1975 e 1976, comincia alla fine del 1972, quando l’auto è ancora un prototipo. L’anno successivo arriva la prima vittoria ufficiale al Rally Firestone, in Spagna: è la prima di una serie impressionante che ne conta oltre cento in tutto il mondo. Tra le affermazioni più prestigiose spiccano quattro edizioni del Rally di Montecarlo, sei di quello di San Remo e tre Tour de Corse. 

Questa fotografia ritrae il prototipo del 1973: si riconosce a colpo d’occhio per l’assenza delle appendici aerodinamiche che contraddistinguono invece la Lancia Stratos di normale produzione.

Oggi qualunque appassionato farebbe carte false pur di mettere le mani su una Lancia Stratos. Eppure da nuova quest’auto non riscosse affatto il successo sperato. Si stima che la casa torinese ne abbia costruite 492 o 498, quindi un po’ meno delle 500 richieste dalla Federazione internazionale per l’ottenimento dell’omologazione della vettura nel Gruppo 4. La versione stradale, inoltre, era stata “ingentilita” con sospensioni più morbide rispetto alla belva che dominava i rally, ma nonostante questo rimaneva un’auto piuttosto difficile da guidare. Come se non bastasse, i tempi d’attesa per averla era lunghissimi, con il risultato che gli ultimi esemplari vennero venduti alla metà del prezzo di listino, che al lancio, nel 1973, era di 10.725.000 lire. 

Non tutti forse sanno o ricordano che la Lancia Stratos nel corso della sua breve ma straordinariamente intensa carriera sportiva ha calcato anche l’asfalto dei circuiti. Allestito in soli tre esemplari, due dalla squadra corse della casa torinese e uno dal pilota e preparatore milanese Carlo Facetti, il modello destinato alle competizioni in pista è mosso da un motore turbo da circa 550 CV e ha la carrozzeria in vetroresina con un vistoso spoiler anteriore. Progettato secondo le specifiche di un regolamento dalla maglia molto lasche, quello del Gruppo 5, questo bolide, con cui la Lancia ha vinto due volte il Giro d’Italia (1974 e 1976) e ha preso parte a due edizioni della 24 Ore di Le Mans, raggiunge una velocità massima di circa 300 km/h.

Al salone di Torino del 1978 la Bertone svela la Sibilo. A prima vista forse non si direbbe, ma questa rivoluzionaria berlinetta dalle avveniristiche forme piatte e squadrate poggia sulla meccanica (con il passo allungato di 10 centimetri) della Lancia Stratos. Non ne nascerà mai un modello di serie, ma molte tra le sue soluzioni più innovative - come il parabrezza che diventa un tutt’uno con la carrozzeria, con la quale si “fondono” anche i finestrini in policarbonato - rimangono un indiscusso manifesto alla creatività italiana in campo automobilistico.