PICCOLE ED ECONOMICHE - Le kei car sono un fenomeno quasi unicamente giapponese: si tratta di auto molto piccole (massimo 3,4 metri di lunghezza e 1,48 metri di larghezza), con un motore non più grande di 660 cc e una potenza non superiore ai 64 CV. Sono economiche e soprattutto occupano poco spazio, fattore cruciale nel Paese del Sol Levante, dove le kei car rappresentano il 40% delle immatricolazioni. Solo poche settimane fa, in Giappone, abbiamo provato cinque kei car della Suzuki (nella foto sopra) e oggi torniamo ad occuparci di loro perché a parlarne è stato uno dei massimi esponenti dell’industria dell’auto, Luca de Meo, presidente del gruppo Renault e dell’Acea (l’Associazione europea dei costruttori di automobili). Il quale ha lanciato l’idea di portare questo tipo di vetture anche in Europa: “Le kei car sono un perfetto esempio del tipo di auto che dovrebbero realizzare anche i costruttori europei”, ha detto.
LA BATTERIA GRANDE NON SERVE - L’idea è che vetture ultra-compatte di questo tipo dovrebbero avere tasse d’acquisto ridotte, pedaggi autostradali più bassi (nel caso in cui possano accedervi), accesso ai centri urbani semplificato e non essere soggette alle stesse restrizioni di parcheggio delle normali automobili. Secondo il capo della Renault, le kei car europee, ovviamente con motori elettrici, potrebbero avere una dimensione ridotta della batteria, o addirittura limitata, per garantire un prezzo basso e adattarsi alle esigenze dei clienti: se il percorso giornaliero medio di una Dacia Spring è di 30 km a una velocità di 25 km/h, “non c’è bisogno di una batteria da 100 kWh”, ha fatto notare de Meo.
VINCONO TUTTI - Un eventuale segmento europeo delle kei car andrebbe a sostituire le citycar di segmento A, che i costruttori stanno abbandonando per l’incapacità di ridurre le emissioni di CO2 mantenendo la redditività. Il passaggio all’elettrico risolve il problema delle emissioni, ma il costo delle batterie è ancora troppo alto per riuscire ad attirare una clientela che cerca un’auto che sia conveniente. Limitare le dimensioni della batteria e ridurre la tassazione potrebbe essere la classica soluzione win-win: i produttori potrebbero guadagnare nuovamente anche da veicoli convenienti e gli automobilisti troverebbero nuovi modelli da acquistare a prezzi contenuti.