DAI TRIONFI ALLE DIMISSIONI - “Vola il bilancio nel 2021”, “Fatturato e utili ottimi nel 2022” e infine “Nel 2023 crescono consegne, fatturato e utili”. Questi sono le parole con cui abbiamo titolato gli articoli relativi ai tre bilanci di Stellantis, il primo di febbraio 2022, l’ultimo di febbraio 2024. Una situazione che fino poco fa fa sembrava idilliaca, ma che nel giro di pochi trimestri si è completamente ribaltata ed culminata con le dimissioni anticipate del ceo Carlos Tavares, arrivate il primo di dicembre (qui la news).
MASSIMI E MINIMI - Proprio a febbraio 2024, Stellantis comunicava nel corso del 2023 un aumento dell’11% dell’utile netto, riuscendo a generare 6,6 miliardi di euro in dividendi per gli azionisti (qui la notizia riguardante l’ultimo bilancio). Circa un mese dopo, il 25 marzo del 2024, le azioni di Stellantis toccavano il suo massimo storico, con un valore di 27,16 euro. Oggi le previsioni sono decisamente più funeste: i profitti nel terzo trimestre 2024 hanno avuto un calo del 27% e il valore delle azioni si è più che dimezzato, arrivando il 2 dicembre (il giorno dopo le dimissioni di Tavares) a 11,75 euro.
TEMPESTA PERFETTA - Ma com’è stato possibile passare nel giro di meno di un anno da risultati invidiabili a una crisi che ha pochi precedenti? Come sempre quando ci si trova di fronte ad avvenimenti complessi, non è possibile determinare una singola causa scatenante: si tratta piuttosto di una concatenazione di eventi che hanno portato a ciò che sta succedendo. Una sorta di tempesta perfetta dovuta a vari fattori. Proviamo ad analizzare quelli principali.
LA CONTRAZIONE DEL MERCATO - All’inizio delle sue operazioni, Stellantis è riuscita a risparmiare parecchio stringendo sinergie tra i marchi, provenienti tanto da PSA quanto da FCA, e diventando uno dei leader del mercato automobilistico a livello globale. Tutto ciò ha portato a stilare il programma Dare Forward 2030 (qui per saperne di più): secondo il programma, ad oggi ancora confermato, entro la fine del decennio il 100% delle vendite in Europa avrebbero dovuto essere elettriche, mentre negli Stati Uniti si sarebbe dovuti arrivare al 50%. Il mercato in generale dell’ultimo anno ha reso questi obiettivi piuttosto utopistici dato che si è contratto parecchio, soprattutto in Europa, con un calo generalizzato per tutti i maggiori Paesi. Inoltre, da un lato la richiesta di automobili elettriche è stata molto inferiore rispetto a quanto prospettato fino a qualche mese prima, dall’altro l’arrivo di nuovi costruttori cinesi proprio nel campo dell’elettrico ha reso meno competitive le elettriche europee, comprese quelle di Stellantis.
I DAZI DELLA DISCORDIA - I dazi nei confronti delle elettriche cinesi sono arrivati per cercare di rendere più equa la concorrenza, ma Tavares si è detto subito contrario alla loro introduzione, intuendo una possibile arma a doppio taglio che potrebbe rivelarsi al di là dell’oceano. In Nord America infatti, dopo la vittoria di Trump, si è fatta molto concreta la possibilità che il governo statunitense decida imporre dazi sulle auto prodotte al di fuori degli USA: per Stellantis, che produce il 40% delle vetture vendute negli Stati Uniti in Messico e Canada sarebbe un bel problema.
AUMENTO DELL’INVENDUTO - Eventuali dazi a stelle e strisce e le conseguenti difficoltà si aggiungerebbero a una situazione molto preoccupante per il gruppo sul mercato USA. Come confermato anche dallo stesso direttore finanziario del gruppo, Doug Ostermann, agli analisti finanziari di Goldman Sachs specializzati nel settore automotive, Stellantis ha patito in America la mancanza di modelli nei segmenti chiave del mercato (manca la Cherokee, che arriverà nel 2025) e prezzi troppo alti rispetto alla concorrenza. Il risultato è un aumento dell’invenduto: a fine novembre si contavano circa 310.000 unità ferme nei piazzali dei concessionari d’oltreoceano. Ciò è avvenuto anche per la sovrapproduzione di alcuni modelli, causata da previsioni errate della domanda e dall’incapacità di adattarsi rapidamente alle preferenze dei clienti. Per rispondere a questa distanza tra l’offerta (elevata) e la domanda (scarsa) che ha fatto riempire i piazzali di veicoli invenduti, Stellantis ha deciso di ridurre la produzione anche di alcuni dei modelli più venduti, nel tentativo di vendere le scorte. Ma se alcuni prodotti faticavano a essere venduti prima, il calo della produzione anche dei modelli più fortunati non li ha resi più appetibili. Risultato: la perdita di quote di mercato. Nel frattempo, in Europa non sono mancati problemi legati al software, che hanno ritardato il lancio di alcuni modelli molto attesi (per esempio la Fiat Grande Panda).
POCA DIPLOMAZIA - Come riporta il sito Open, secondo Ostermann, Carlos Tavares è caduto anche a causa di un rapporto difficile con gli interlocutori esterni all’azienda, a partire dai governi (emblematiche le frizioni con il governo italiano), per continuare con i sindacati e i fornitori fino ai concessionari. I rapporti tesi hanno avuto conseguenze sulla produzione: per esempio alcuni fornitori hanno bloccato o rallentato le spedizioni agli stabilimenti Stellantis, causando ritardi sulla produzione.
SOSTEGNO AI MARCHI DEBOLI - C’è poi la questione dei marchi poco performanti: “Se alcuni marchi di Stellantis non fanno soldi, dovremo chiuderli”, aveva detto Tavares a luglio. L’allora ceo non aveva fatto i nomi, ma in molti avevano drizzato le orecchie. L’ampio portafoglio di marchi è diventato quindi un’arma a doppio taglio perché le case poco redditizie che negli ultimi tempi hanno ottenuto risultati al di sotto delle aspettative hanno prosciugato le risorse di quelli che invece sono andati bene.
SCONTRO AL VERTICE - Come ha spiegato Ostermann, e riportato da Open, il capo di Stellantis è caduto anche per divergenze con gli altri membri del cda emerse negli ultimi mesi: “Credo che ci sia stato un certo disaccordo su quali dovessero essere le priorità e su come gestire l’azienda nel periodo rimanente del suo mandato, che sarebbe stato di 15, 16 mesi, e credo che la maggior parte di questi argomenti riguardasse questioni tattiche su come gestire l’azienda in quel periodo di tempo a breve termine e su quali azioni dovessero essere intraprese per quanto riguarda le metriche a breve termine rispetto ai benefici a lungo termine dell’azienda”.
COME USCIRNE? - Come detto, l’uscita di scena di Tavares non cambia le strategie a medio-lungo del gruppo, che continuerà la semplificazione in termini di piattaforme multi-energia, che passeranno dalle circa 20 attuali a sole 4. Pur conservando la propria attenzione sui mercati cardine europeo e nord americano, il gruppo punta anche ad avere uno sbocco forte anche verso oriente. Per questo la partnership con la cinese Leapmotor, che ha visto Stellantis acquisire il 20% del pacchetto azionario e costituire una jointventure per la produzione e la vendita delle sue vetture al di fuori della Cina, diventa molto importante: aprirsi le porte della Cina potrebbe significare avere una sorta di “terzo motore” in grado di diversificare le entrate dell’azienda al di là dei suoi mercati storici.