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Stellantis: i motivi della crisi

Pubblicato 09 dicembre 2024

Come ha fatto un gruppo che pochi mesi fa celebrava risultati straordinari a ritrovarsi in una situazione talmente grave da portare alle dimissioni del proprio amministratore delegato?

Stellantis: i motivi della crisi

DAI TRIONFI ALLE DIMISSIONI - “Vola il bilancio nel 2021”, “Fatturato e utili ottimi nel 2022” e infine “Nel 2023 crescono consegne, fatturato e utili”. Questi sono le parole con cui abbiamo titolato gli articoli relativi ai tre bilanci di Stellantis, il primo di febbraio 2022, l’ultimo di febbraio 2024. Una situazione che fino poco fa fa sembrava idilliaca, ma che nel giro di pochi trimestri si è completamente ribaltata ed culminata con le dimissioni anticipate del ceo Carlos Tavares, arrivate il primo di dicembre (qui la news). 

MASSIMI E MINIMI - Proprio a febbraio 2024, Stellantis comunicava nel corso del 2023 un aumento dell’11% dell’utile netto, riuscendo a generare 6,6 miliardi di euro in dividendi per gli azionisti (qui la notizia riguardante l’ultimo bilancio). Circa un mese dopo, il 25 marzo del 2024, le azioni di Stellantis toccavano il suo massimo storico, con un valore di 27,16 euro. Oggi le previsioni sono decisamente più funeste: i profitti nel terzo trimestre 2024 hanno avuto un calo del 27% e il valore delle azioni si è più che dimezzato, arrivando il 2 dicembre (il giorno dopo le dimissioni di Tavares) a 11,75 euro. 

TEMPESTA PERFETTA - Ma com’è stato possibile passare nel giro di meno di un anno da risultati invidiabili a una crisi che ha pochi precedenti? Come sempre quando ci si trova di fronte ad avvenimenti complessi, non è possibile determinare una singola causa scatenante: si tratta piuttosto di una concatenazione di eventi che hanno portato a ciò che sta succedendo. Una sorta di tempesta perfetta dovuta a vari fattori. Proviamo ad analizzare quelli principali.

LA CONTRAZIONE DEL MERCATO - All’inizio delle sue operazioni, Stellantis è riuscita a risparmiare parecchio stringendo sinergie tra i marchi, provenienti tanto da PSA quanto da FCA, e diventando uno dei leader del mercato automobilistico a livello globale. Tutto ciò ha portato a stilare il programma Dare Forward 2030 (qui per saperne di più): secondo il programma, ad oggi ancora confermato, entro la fine del decennio il 100% delle vendite in Europa avrebbero dovuto essere elettriche, mentre negli Stati Uniti si sarebbe dovuti arrivare al 50%. Il mercato in generale dell’ultimo anno ha reso questi obiettivi piuttosto utopistici dato che si è contratto parecchio, soprattutto in Europa, con un calo generalizzato per tutti i maggiori Paesi. Inoltre, da un lato la richiesta di automobili elettriche è stata molto inferiore rispetto a quanto prospettato fino a qualche mese prima, dall’altro l’arrivo di nuovi costruttori cinesi proprio nel campo dell’elettrico ha reso meno competitive le elettriche europee, comprese quelle di Stellantis. 

I DAZI DELLA DISCORDIA - I dazi nei confronti delle elettriche cinesi sono arrivati per cercare di rendere più equa la concorrenza, ma Tavares si è detto subito contrario alla loro introduzione, intuendo una possibile arma a doppio taglio che potrebbe rivelarsi al di là dell’oceano. In Nord America infatti, dopo la vittoria di Trump, si è fatta molto concreta la possibilità che il governo statunitense decida imporre dazi sulle auto prodotte al di fuori degli USA: per Stellantis, che produce il 40% delle vetture vendute negli Stati Uniti in Messico e Canada sarebbe un bel problema. 

AUMENTO DELL’INVENDUTO - Eventuali dazi a stelle e strisce e le conseguenti difficoltà si aggiungerebbero a una situazione molto preoccupante per il gruppo sul mercato USA. Come confermato anche dallo stesso direttore finanziario del gruppo, Doug Ostermann, agli analisti finanziari di Goldman Sachs specializzati nel settore automotive, Stellantis ha patito in America la mancanza di modelli nei segmenti chiave del mercato (manca la Cherokee, che arriverà nel 2025) e prezzi troppo alti rispetto alla concorrenza. Il risultato è un aumento dell’invenduto: a fine novembre si contavano circa 310.000 unità ferme nei piazzali dei concessionari d’oltreoceano. Ciò è avvenuto anche per la sovrapproduzione di alcuni modelli, causata da previsioni errate della domanda e dall’incapacità di adattarsi rapidamente alle preferenze dei clienti. Per rispondere a questa distanza tra l’offerta (elevata) e la domanda (scarsa) che ha fatto riempire i piazzali di veicoli invenduti, Stellantis ha deciso di ridurre la produzione anche di alcuni dei modelli più venduti, nel tentativo di vendere le scorte. Ma se alcuni prodotti faticavano a essere venduti prima, il calo della produzione anche dei modelli più fortunati non li ha resi più appetibili. Risultato: la perdita di quote di mercato. Nel frattempo, in Europa non sono mancati problemi legati al software, che hanno ritardato il lancio di alcuni modelli molto attesi (per esempio la Fiat Grande Panda).

POCA DIPLOMAZIA - Come riporta il sito Open, secondo Ostermann, Carlos Tavares è caduto anche a causa di un rapporto difficile con gli interlocutori esterni all’azienda, a partire dai governi (emblematiche le frizioni con il governo italiano), per continuare con i sindacati e i fornitori fino ai concessionari. I rapporti tesi hanno avuto conseguenze sulla produzione: per esempio alcuni fornitori hanno bloccato o rallentato le spedizioni agli stabilimenti Stellantis, causando ritardi sulla produzione. 

SOSTEGNO AI MARCHI DEBOLI - C’è poi la questione dei marchi poco performanti: “Se alcuni marchi di Stellantis non fanno soldi, dovremo chiuderli”, aveva detto Tavares a luglio. L’allora ceo non aveva fatto i nomi, ma in molti avevano drizzato le orecchie. L’ampio portafoglio di marchi è diventato quindi un’arma a doppio taglio perché le case poco redditizie che negli ultimi tempi hanno ottenuto risultati al di sotto delle aspettative hanno prosciugato le risorse di quelli che invece sono andati bene.

SCONTRO AL VERTICE - Come ha spiegato Ostermann, e riportato da Open, il capo di Stellantis è caduto anche per divergenze con gli altri membri del cda emerse negli ultimi mesi: “Credo che ci sia stato un certo disaccordo su quali dovessero essere le priorità e su come gestire l’azienda nel periodo rimanente del suo mandato, che sarebbe stato di 15, 16 mesi, e credo che la maggior parte di questi argomenti riguardasse questioni tattiche su come gestire l’azienda in quel periodo di tempo a breve termine e su quali azioni dovessero essere intraprese per quanto riguarda le metriche a breve termine rispetto ai benefici a lungo termine dell’azienda”. 

COME USCIRNE? - Come detto, l’uscita di scena di Tavares non cambia le strategie a medio-lungo del gruppo, che continuerà la semplificazione in termini di piattaforme multi-energia, che passeranno dalle circa 20 attuali a sole 4. Pur conservando la propria attenzione sui mercati cardine europeo e nord americano, il gruppo punta anche ad avere uno sbocco forte anche verso oriente. Per questo la partnership con la cinese Leapmotor, che ha visto Stellantis acquisire il 20% del pacchetto azionario e costituire una jointventure per la produzione e la vendita delle sue vetture al di fuori della Cina, diventa molto importante: aprirsi le porte della Cina potrebbe significare avere una sorta di “terzo motore” in grado di diversificare le entrate dell’azienda al di là dei suoi mercati storici.



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Ritratto di Lorenzoagasolio
9 dicembre 2024 - 16:25
ma oggi è lunedì!
Ritratto di RaptorF22Stradale
9 dicembre 2024 - 17:50
1
I motivi li diciamo da quando hanno voluto imporci i catorni a batteria , ci fanno vomitare , noi non compriamo e voi FALLITE . Dispiace per gli operai .
Ritratto di RaptorF22Stradale
9 dicembre 2024 - 17:50
1
CATORCI
Ritratto di impala
10 dicembre 2024 - 18:47
.... motori THP, puretech e il gasolio bluehdi non affidabile, per parlare solo di questo .... a questo punto, La gente si e stufata di essere preso in giro. Poi, per il nuovo puretech , solo quelli hybrid hanno la catena di distribuzione, quelli da 100 cv base hanno ancora la cinghia a bagno d'olio. Stellantis a chiesto ai suoi fornitori di rinforzare la cinghia di distribuzione, vedremmo con il tempo se tutto questo funziona.
Ritratto di EVpundit
12 dicembre 2024 - 00:46
La tua analisi è corretta. Stellantis è in crisi perché ha smesso di vendere quello che io mercato voleva, ed ha provato ad imporre catorci EV di pessima qualità e fuori prezzo. Invece di vendere diesel e GPL che è quello che il pubblico richiede, impone auto inutili.
Ritratto di Volpe bianca
9 dicembre 2024 - 16:42
Il tre cilindri Peugeot ovunque. Offerta elettrica mediocre. Promesse non mantenute. Ricatti per ottenere incentivi. I profitti li fai soprattutto con le vendite, con l'acquisizione e/o il mantenimento di un ampio portafoglio di clienti, non con i licenziamenti, non gli sconti di Stato e non con la sempre minor qualità dei prodotti che tanto poi i clienti non se ne accorgono.
Ritratto di Volpe bianca
9 dicembre 2024 - 16:43
Crisi ampiamente meritata
Ritratto di impala
10 dicembre 2024 - 18:49
+ 1000 !!!
Ritratto di Flynn
9 dicembre 2024 - 17:41
2
+ 1 Sintesi perfetta, caro Volpe
Ritratto di Road Runner Superbird
9 dicembre 2024 - 18:00
+10
Ritratto di Francesco Pinzi
9 dicembre 2024 - 18:22
+20
Ritratto di Rush
9 dicembre 2024 - 20:03
+300
Ritratto di Beppe_90
9 dicembre 2024 - 20:44
Come sempre caro volpe tu si che sei uno dei pochi che sa veramente analizzare quello che gira intorno a noi ;) commento perfetto
Ritratto di Volpe bianca
9 dicembre 2024 - 20:52
Grazie ragazzi, troppo gentili
Ritratto di marcoestra
10 dicembre 2024 - 09:06
Bravissimo! Imporre il tre cilindri di origine PSA ovunque, dalle utilitarie al vertice di gamma, è una scelta folle per più motivi. Il primo che seppur un motore premiato è inadeguato oltre che pieno di problemi che si sta inseguendo a risolvere. Ci sono gli ottimi Poi c'è il tema delle vetture, dei vari marchi, che si sono impoverite nei contenuti o che non rispondono alle esigenze della clientela cui dovrebbero essere destinate. Faccio un esempio: la Citroen C3 o la Fiat 600. Autovetture che, probabilmente, trovano nella clientela femminile, la prima, e/o delle giovani famiglie, la seconda, il loro mercato d'adozione. Ebbene mancano di alcuni particolari per me figli di risparmi inutili: alette parasole (lato guida) senza specchio di cortesia e illuminazione...ma questi scienzati del marketing che indirizzano la progettazione e produzione girano mai per vedere i comportamenti dei potenziali acquirenti? La mattina ai semafori sanno che molti (molte) si fermano per controllare il trucco? Lo sanno che chi trasporta bambini spesso necessita di bocchette di aerazione anche dietro? E non ditemi che alcuni conocorrenti non abbiano questi particolari e proprio sule mancanze degli altri che si fanno le fortune. Quindi, riassumendo il fallimento lo possiam riassumere con: mancanza nell'offerta motoristica e assoluto scollamento dalle esigenze dei potenziali clienti.
Ritratto di Miti
10 dicembre 2024 - 10:24
1
Aggiungerei... comprensione e lungimiranza sul mercato attuale e futuro pari a zero. L'unica sua qualità? Soldi ai investitori ogni volta che si poteva fare. Con ovviamente un corposo incentivo personale.
Ritratto di EVpundit
12 dicembre 2024 - 00:48
Concordo. Arroganza e miopia di Stellantis la causa di una crisi prevista da chiunque. Per evitarla basta ascoltare il mercato e la rete di vendita.
Ritratto di Dheghe
9 dicembre 2024 - 17:11
Strategie sbagliatissime, prodotti al di sotto della sufficienza e con prezzi esagerati. È la frittata è pronta.
Ritratto di Lorenz99
9 dicembre 2024 - 17:13
IO AGGIUNGEREI,ANCHE, CHE ESSENDO IRRILEVANTI IN CINA,A DIFFERENZA DEI TEDESCHI, IL PROBLEMA É SOPRATTUTTO IN EUROPA, E LI SCONTANO PREZZI ASSURDAMENTE ALTI, TANTO DA DOVER CONVERTIRE CITROEN IN ANTIDACIA, IL PREMIUM É SOLO UN ACCOZZAGLIA DI FLOP TOTALI(LANCIA,DS,ALFA,ABARTH) CHE NON DA GROSSI UTILI. IL RESTO SCELTE TECNICHE AL RIBASSO PUNTANDO ALL'IGNORANZA DEL CLIENTE POCO INFORMATO,MA QUEST'ULTIMO FINISCE PER PUNTARE A MARCHI CINESI, SPESSO SPACCIATI PER EUROPEI(DR,MG ECC.). HA ESAURITO L'EFFETTO BONUS DEI RISPARMI NELL'UNIFICAZIONE DI MOTORI E PIATTAFORME, MERCATO IN CRISI E SI RITROVANO SENZA CARTUCCE. IN USA IL PESO DEL BRAND È MENO IMPORTANTE, QUINDI NON HA SENSO VOLER VIVERE DI RENDITA AUMENTANDO INGIUSTIFICATAMENTE I LISTINI, E FAR GUERRA AI LORO CLIENTI,OVVERO I CONCESSIONARI. IN ITALIA LA GENTE"NORMALE" NON PUÓ PIÚ COMPRARE UN AUTO NUOVA CON QUESTI LISTINI, MA LA COSA POTREBBE ESTENDERSI ANCHE A FRANCIA E GERMANIA(CON QUEST'ULTIMA IN PIENA CRISI INDUSTRIALE E POLITICA). PUNTEREI SU INNOVAZIONE DI PRODOTTO VERA,DANDO UNA PROPRIA ANIMA AD OGNI BRAND E COMINCIARE AD OFFRIRE PREZZI PIÙ ACCESSIBILI, PERCHÈ MENO MARGINE, MA SU PIÙ NUMERI GARANTISCE ANCHE INTROITI DA MANUTENZIONE E RICAMBI,OLTRE CHE A SERVIZI FINANZIARI, (TESLA COL RIBASSO DEI LISTINI HA AVUTO UN BOOM DI CONSEGNE).
Ritratto di Luxior
9 dicembre 2024 - 17:20
Motori che non piacciono a metà del pubblico italiano e prezzi al di sopra della qualità stessa. Non lo finirò mai di ripetere, aver tolto di mezzo il diesel Fiat troppo presto è stata una tragedia per le auto di medie e grandi dimensioni. Al Sud non vedi circolare 600, Tonale ecc....
Ritratto di LINARRoma
9 dicembre 2024 - 17:21
Il peugeot puretech tre cilindri ha dimostrato di essere un motore inadiffidabile e si e' fatto una nomea terribile , e nostastante questa incresciosa fama imposto con forza a tutti i marchi. Poi Peugeot e Citroen vanno benissimo, Fiat distrutta malissimo gli altri marchi.....sti francesi...
Ritratto di AGOSTINO PAVAN
9 dicembre 2024 - 17:43
Ripeto: il problema sono le politiche demenziali europee, che mettono complessivamente fuori mercato il settore industriale nel suo complesso. Questo riguarda ormai tutti i paesi europei.
Ritratto di Al_Ta21
9 dicembre 2024 - 18:12
Le politiche europee saranno pure demenziali e io concordo, ma le pare mai possibile che nel panorama della transizione un colosso industriale come Stellantis, ben conscio delle multe e delle nuove regole con anni d'anticipo, non si sia attrezzato per sviluppare un powertrain full hybrid per tempo che potesse davvero essere competitivo sul mercato europeo? Come si fa a pensare di potersi presentare al cliente con un "mild hybrid rinforzato" che va bene SOLO per le segmento B come la 208 e montarlo su tutta la gamma, suv di segmento C compresi? La verità è che hanno toppato completamente su tutta la linea la strategia industriale. Non hanno investito nulla nello sviluppo di nuovi modelli e motorizzazioni e adesso pagano i danni di questa miopia. Dispiace se non altro per gli operai che perderanno il posto
Ritratto di JustSimon
9 dicembre 2024 - 19:10
Concordo
Ritratto di Pepetto
9 dicembre 2024 - 17:55
Offerte sovrapponibili vede Citroen e Fiat con nuova grande Panda e C3… La distruzione progressiva dei brand italiani a favore di quelli francesi, La mancata politica di rinnovamento del marchio Jeep con una wrangler cresciuta di prezzo o dismisura e altri Prodotti dimenticabili vedi gran Cherokee o la stessa compass…. Politica per la Fiat assente che doveva essere incentrata sui brand Panda e 500 Invece sono risultati un flop….. Rimettano i soldi dentro a favore delle famiglie operaie distrutte… Ma questo è impossibile…. Il famoso turbo capitalismo…. l’unico turbo che sono stati capaci di sviluppare
Ritratto di Byron59
9 dicembre 2024 - 18:04
Per chi volesse approfondire, Mauro Parretti, Le Metamorfosi del capitalismo, vi si trovano degli ottimi spunti di riflessione sulla sovrapproduzione e l'industria automobilistica. In estrema sintesi, la divisione sociale del lavoro nell’industria automobilistica, a livello internazionale, sembra entrata in una tempesta perfetta, che non dipende solo dalla transizione dal motore endotermico a quello elettrico, ma è costellata dallo spettro della sovra-capacità produttiva. Se in Italia gli impianti produttivi del gruppo Stellantis lavorano, ormai da tempo, a singhiozzo, la situazione non è nemmeno tanto rosea in Germania: il colosso di Wolfsburg, per la prima volta nella sua storia, nel mese d’ottobre dell’anno corrente, ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti, con la conseguente perdita di miglia di posti di lavoro e la riduzione del salario del 10%. Per chi ha scarsa memoria storica, vale la pena ricordargli che stiamo parlando del marchio Volkswagen che, nei primi anni Novanta del secolo scorso, ha avuto il coraggio di adottare la soluzione che mirava a salvaguardare i posti di lavoro, con uno storico accordo che prevedeva la riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore settimanali, a parità di salario. Le ripercussioni della crisi automobilistica tedesca creano un effetto domino su quella italiana, in quanto in questo comparto, l’Italia ha ridotto notevolmente la produzione di automobili (prodotti finiti), mentre ha incrementato le quote di mercato dei pezzi di automobili, i quali vengono assemblati in altri contesti produttivi. In altri termini, ci siamo specializzati nella componentistica per i marchi francesi e tedeschi. Se in Europa si respira un’aria asfittica, negli USA, sebbene il settore sia in ripresa, non è stata ancora raggiunta la produzione del periodo prima della pandemia. Tuttavia, nonostante la produzione di auto elettriche non sia decollata, anche per la difficoltà di approvvigionamento dei semiconduttori, le rivendicazioni degli operai sono più frizzanti. Tant’è che nel mese di settembre dello scorso anno, dopo 88 anni, lo UAW, United Auto Workers, il sindacato degli operai del settore automobilistico, ha lanciato uno sciopero, che ha coinvolto gli operai di Ford, General Motors e Stellantis, che hanno rivendicato salari adeguati all’inflazione e contemporaneamente hanno messo in evidenza la riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali. Al momento, nel panorama internazionale, sembra che i produttori cinesi, grazie ai formidabili interventi statali a partire dal decimo piano quinquennale nel 2001, godano di un vantaggio competitivo, infatti riescono a produrre auto elettriche a costi molto più bassi che in Europa e negli USA, ma anche per loro non sono tutte rose e fiori, perché il loro mercato interno non è sufficiente ad assorbire l’enorme capacità produttiva, mentre i paesi occidentali si difendono con pesanti dazi doganali, dall’invasione di queste potenziali merci. In Cina ci sono 450 fabbriche di veicoli elettrici e i loro impianti non operano a pieno regime, anzi utilizzano solo 1/5 della loro capacità produttiva. Dunque, i produttori cinesi sarebbero pronti a inondare di veicoli elettrici l’Europa e gli USA, potrebbero aggirare le barriere doganali delocalizzando la produzione, se i Governi occidentali dessero la loro disponibilità in questo senso, permettendo ai consumatori meno ricchi di acquistare le auto elettriche; tuttavia questo passaggio implicherebbe una perdita di posti di lavoro in Cina, in un periodo in cui anche da loro emerge il problema della disoccupazione giovanile. Produzione e consumo sono momenti di uno stesso processo tra loro strettamente connessi: se aumenta la capacità produttiva e i prodotti aggiuntivi finali non trovano una corrispondenza nel mercato, non vengono validati dagli acquirenti, in quanto non soddisfano bisogni umani, allora subentra una crisi di sovrapproduzione. Come spiega Marx, affinché un prodotto finale sia utile a soddisfare bisogni umani, cioè abbia un valore d’uso per altri e quindi diventi una merce, si deve verificare un passaggio significativo, attraverso il quale si realizza il valore di scambio. Ogni merce ha un valore d’uso e un valore di scambio, mentre il prodotto finale è una merce potenziale, pertanto esso diventa merce solo attraverso “un duplice salto mortale”, ossia esso non solo deve trovare il denaro corrispondente che ne permetta lo scambio, ma deve anche avere un valore d’uso per il suo acquirente. Altrimenti quel prodotto non entra nel consumo, non viene utilizzato per soddisfare un bisogno I veicoli elettrici dei fabbricanti cinesi, che sono stati progettati, pensando allo smartphone, con parti meccaniche ridotte all’osso e con prezzi competitivi, rivolti al consumo di massa, non intercettano gli acquirenti nazionali, né tanto meno quelli europei o americani, strozzati dalle elevate tariffe doganali e da una compressione dei salari su cui ho avuto già modo di scrivere. Senonché, la sovra-capacità produttiva detta legge: i 4/5 degli impianti produttivi cinesi non vengono utilizzati, di conseguenza i capitali finanziari disponibili non vengono investiti in mezzi di produzione aggiuntivi, in quanto non si prevede di incorporali in consumi aggiuntivi futuri. A ben guardare, Marx ed Engels, già nel Manifesto del Partito Comunista del 1848, evidenziano l’epidemia della sovrapproduzione: l’abbondanza diventa come la carestia e si vive una situazione come se una terribile guerra di sterminio avesse distrutto l’industria e il commercio, facendo ripiombare la società nella barbarie. E tutto ciò avviene per l’eccesso di produzione: troppe industrie, troppi commerci, troppi mezzi di sussistenza, troppa pubblicità, troppe banche, troppe transazioni finanziarie, troppe infrastrutture, troppe automobili nelle città e l’aria diventa irrespirabile, troppe reti, troppe mail e messaggi. Forse, l’espressione ripetuta continuamente, a mo’ di mantra “le risorse sono scarse”, non ha molto senso e non è per niente vera. Sembra che sia vero il suo esatto opposto. La prospettiva cambia, invece, quando ci chiediamo: che fine fanno le risorse derivanti dagli eccessi di produttività? Se i 4/5 degli impianti produttivi, delle fabbriche di veicoli elettrici cinesi, non vengono utilizzati, allora dovrebbe essere chiaro che lo stock di capitale fisso (le risorse) è sovrabbondante, quindi non c’è bisogno di nuovi “investimenti produttivi” nel settore, un aspetto nodale sul quale ritornerò nel fluire del discorso. Su questo punto Marx, a suo tempo, ha individuato la relazione tra crisi di sovrapproduzione e caduta tendenziale del saggio di profitto, inteso come rapporto tra i plusvalore (Pv) e il capitale anticipato o investito, cioè il capitale fisso più il capitale variabile (C+V). Il lettore attento si renderà conto che nel paese più dinamico del mondo, dal punto di vista dell’intensificazione o relativa espansione dei rapporti capitalistici, l’ago della bilancia, nella composizione organica del capitale, pende notevolmente dal lato degli impianti e macchinari, vale a dire il capitale fisso ( C ). L’ottanta per cento degli impianti e delle macchine, al passo con i progressi tecnologici di ultima generazione, NON PRODUCE merci per soddisfare bisogni. Questa potenza immane, pronta per l’uso, ma inutilizzata, rappresenta una minaccia per i produttori europei e americani, ma anche coreani e giapponesi, qualora volessimo allargare il quadro dell’analisi. Ogni fabbrica chiusa e potenzialmente utilizzabile, ogni fabbrica con impianti inutilizzati o che lavora a regime ridotto, come accade a Mirafiori, rappresenta capitale aggiuntivo che non incontra la sfera del consumo, ragion per cui non dà luogo a profitti. Tutto ciò NON IMPLICA che non ci siano profitti, infatti, esistono altre strategie per gonfiare i profitti, ma tali procedure rilevano che i profitti realizzati NON SONO PROPORZIONALI ai capitali investiti. In Europa la produzione delle auto elettriche non ingrana la marcia, non solo per la scarsa rete delle colonnine di ricarica e per le difficoltà a reperire le materie prime per la costruzione delle batterie, ma soprattutto perché costano troppo, non sono alla portata di tutti, in quanto ci troviamo di fronte a un modello produttivo che NON E’ ORIENTATO ALLA PRODUZIONE MOTORISTICA DI MASSA. In questo contesto, la spuntano le case automobilistiche che assemblano modelli di alta gamma, il cui target è costituito dalle fasce della popolazione più ricche, precisando che da quest’articolazione del processo produttivo si ottengono margini di profitti elevati, con ridotti volumi fisici di produzione. Sembra quasi che sia stata creata a tavolino una logica paradossale dove, a fronte di continui aumenti della produttività, per via delle innovazioni tecnologiche, la domanda di lavoro socialmente necessario diminuisce, all’aumentare della capacità produttiva, però sembra che insieme cresca il caos e l’immiserimento. È possibile uscire dalle sabbie mobili in cui siamo incagliati, senza affrontare la logica paradossale, legata agli eccessi di produttività? Mauro Parretti, in Le metamorfosi del capitalismo, sostiene che per percorrere questo sentiero, oltre agli sviluppi del pensiero e alle conoscenze elaborate da Marx, occorre far riferimento agli approcci teorici di Keynes, sebbene siano stati sviluppati in altra epoca e da un’altra angolazione. Il metodo di Parretti è analitico e parte dal presupposto che per spiegare la relazione tra la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto e la crisi di sovrapproduzione, non è necessario ricorrere a formulazioni algebriche o complicati teoremi matematici. In realtà, l’autore ne fa uso, ma puntualizza che su questo versante, si rivolge anche ai lettori economisti eventualmente interessati. Per il resto, egli si muove coerentemente sulle riflessioni del Centro Studi e Iniziative per la Redistribuzione del lavoro, che hanno rilevato il denominatore comune tra il pensiero di Marx e quello di Keynes, riguardo alla crisi di sovrapproduzione. Marx visse e studiò le crisi cicliche e congiunturali della sua epoca, analizzò in profondità i rapporti di produzione capitalistici e ne fu uno tra i più audaci e tenaci critici. Egli mise in evidenza gli aspetti positivi del modo di produzione capitalistico, ma teorizzò anche il superamento di questo sistema produttivo, mediante la suddetta legge della caduta tendenziale del saggio di profitto e l’emancipazione dal lavoro salariato (riduzione progressiva dell’orario di lavoro), da parte dei lavoratori dipendenti. Keynes visse la drammatica crisi di sovrapproduzione strutturale degli anni Trenta del secolo scorso, crisi, che in qualche modo aveva previsto, uscendo fuori dallo schema degli economisti ortodossi. Nel formulare la sua teoria economica – osserva Parretti – Keynes argomentò che essa era «il risultato dell’aumento della produttività, perché il capitalismo tende a limitare i consumi e espandere gli investimenti». Keynes non era un rivoluzionario come Marx, il suo pregio fu quello di riuscire a spingersi oltre i luoghi comuni degli economisti che supportavano il capitalismo, pur se condannava la società a vivere al di sotto delle capacità sviluppate in quel periodo storico. Anche se si sposò con una ballerina russa, non aveva nessuna simpatia per il comunismo e utilizzava espressioni di scherno e toni dispregiativi per “la cooperazione forzata” nell’Unione Sovietica. Nonostante questa poca simpatia per il marxismo pervenne a conclusioni simili a quelle di Marx sulla crisi. Per Marx, dice Parretti, il socialismo diventa opportuno, quando il capitalismo sottrae risorse al consumo dei lavoratori, non per migliorare l’efficienza del sistema e il tenore di vita di tutti, ma per sprecarle. In queste ultime circostanze il capitalismo è arbitrario e insopportabile e fomenta il caos. Durante la Grande Crisi, Keynes comprese che i milioni di disoccupati, che si registravano nei paesi capitalisticamente più avanzati, rappresentavano uno spreco inaccettabile, un prezzo troppo elevato per una società che era più ricca o che produceva di più, rispetto al periodo che ha preceduto il primo conflitto mondiale. A dire il vero, Keynes – asserisce Parretti – utilizza un linguaggio “marginalista neoclassico”, per evidenziare che all’aumentare della produttività, anche se aumenta la “produttività marginale” del capitale, nel contempo, diminuisce la sua “efficienza marginale”, cioè il suo rendimento monetario. Keynes rilevò, circa un secolo fa – continua Parretti – che una cosa è “produrre” nuovi investimenti, un’altra è “venderli”. Quindi il rendimento monetario dei nuovi investimenti, intesi come mezzi di produzione aggiuntivi, tenderebbe a zero, quando una tale “offerta” non trova la corrispondente “domanda”. I nuovi investimenti aggiuntivi «sarebbero necessari soltanto se i consumi, merci finali, crescessero allo stesso ritmo» altrimenti si crea una situazione di stallo quando la variazione dei consumi aggiuntivi sia inferiore a quella degli investimenti aggiuntivi, il che implica, nell’analisi keynesiana, propensione marginale al risparmio maggiore della propensione marginale al consumo. Queste ultime due variabili diventano significative, quando si riferiscono all’intera società, piuttosto che al singolo individuo o alla singola famiglia. In seguito alla prolungata depressione degli anni 30, nei paesi più industrializzati, Keynes ebbe modo di mettere a nudo il pensiero che incarnava la teoria economica liberista, sostenendo che il mercato non si autoregolava da solo e che soprattutto non era il regno dell’armonia. Infatti, il brillante matematico di Cambridge, insieme al suo gruppo di ricerca, formato prevalentemente da giovani economisti, riuscì a formulare una teoria in grado di affrontare la logica paradossale della crisi di sovrapproduzione, dando vita alle premesse per edificare lo Stato sociale. Uno stralcio del suo pensiero che smuove le acque: ci sono i mattoni, la calce, la sabbia, il legno (le risorse), ci sono disoccupati (muratori, manovali, carpentieri, eccetera), ci sono le macchine e le attrezzature, mancano le case per molti cittadini, in quanto vivono nelle baracche, allora se non intervengono i privati, con i loro capitali monetari inutilizzati, deve intervenire lo Stato e con la spesa pubblica finanziare la costruzione di case popolari, per coloro che non possono permettersi l’acquisto di una casa in muratura e con i comfort minimi. Nei trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale, le politiche di pieno impiego persuasero le elite capitaliste ad accettare l’idea che il lavoro potesse sottrarsi alla condizione di merce sovrabbondante e che i salari non dovessero essere commisurati ai livelli di sussistenza, come ai tempi di Marx e nella prima metà del XX secolo e come purtroppo sta ricapitando adesso. Alla luce di quest’ultimo cambiamento, Parretti individua un passaggio cruciale: «La contrattazione collettiva del salario permise che una parte degli aumenti della produttività tecnologica (“prezzo/costo”) determinasse maggiori salari e servizi gratuiti da parte dello Stato (scuola, sanità, ecc.) e quindi aumentasse il tenore di vita dei lavoratori». Man mano che miglioravano le condizioni di vita della classe lavoratrice, in quanto riusciva a soddisfare una serie di bisogni “improcrastinabili”, diminuiva la propensione marginale al consumo e di conseguenza gli effetti moltiplicativi della spesa pubblica iniziarono a subire rallentamenti e cadute. A metà degli anni 70, quando riemerse il problema della disoccupazione, poiché lo Stato non riusciva a creare nuovi posti di lavoro nel settore pubblico, che potessero compensare la perdita di quelli che si verificavano nel settore privato, per via degli aumenti di produttività, legati all’innovazione tecnologica, lo squilibrio divenne consistente, cosicché le politiche keynesiane vennero messe sotto accusa e le teorie economiche neoliberiste e ordoliberiste, che non erano morte, presero di nuovo piede. Molti saggi sono stati scritti sulla crisi dello Stato sociale, quello di Parretti evidenzia un approccio che, a mio avviso, è interessante. Egli sostiene che anche in una situazione come quella descritta qui sopra, è possibile fare nuovi investimenti, purché siano improduttivi. Quindi le imprese «non investono in mezzi di produzione aggiuntivi, poiché inutili, ma in attività che facciano aumentare la propria quota di mercato a danno dei diretti concorrenti». L’aumento del capitale improduttivo, spiega Parretti, avviene a danno di quello produttivo, il quale continua a diminuire, a sua volta, per via degli aumenti della produttività tecnologica, espressa dal rapporto tra prezzo e costi diretti, così come il lavoro improduttivo sostituisce quello produttivo. C’è un altro aspetto dirimente, che cattura l’attenzione, quando si parla del come misurare la produttività del lavoro, infatti se nel rapporto tra prodotto netto e totale ore lavorate, si tiene conto anche delle spese improduttive, intese come costi fissi, negli ultimi trent’anni – afferma Parretti – la produttività del lavoro risulta stazionaria, se non calante, mentre se al denominatore del rapporto teniamo conto solo delle ore del lavoro produttivo, allora l’indicatore è ampiamente aumentato. Dunque le ore di lavoro improduttivo sono funzionali alle imprese, per mantenere o espandere la propria quota di mercato, esse non vengono utilizzate per produrre merci. Senza queste ore di lavoro improduttivo, le aziende sarebbero travolte dalla concorrenza, quindi sono costrette a sostenere questi “costi intermedi”, i quali decurtano il prodotto netto e fanno aumentare il valore delle imprese nei mercati finanziari. Insomma, Parretti sostiene che più che a capitalisti, ci troviamo di fronte a dei veri e propri prestigiatori: le spese improduttive corrispondono a profitti nascosti reinvestiti, che non risultano nei libri contabili come capitale reale, capitale, quindi, che non è possibile tassare, ma che appare solo nella vendita di quote o azioni dell’impresa a un valore molto più grande del capitale sociale contabile, che esse rappresentano nello stato patrimoniale.
Ritratto di Flynn
9 dicembre 2024 - 18:14
2
... mattone polacco minimalista di scrittore morto suicida giovanissimo (copie vendute 2)
Ritratto di Volpe bianca
9 dicembre 2024 - 18:29
E che ha premesso "in estrema sintesi". È stato battuto il record del commento più lungo
Ritratto di Flynn
9 dicembre 2024 - 18:36
2
Eccaspita Volpe.. e io pensavo che quello prolisso fosse Forfeit..
Ritratto di Volpe bianca
9 dicembre 2024 - 18:46
Flynn, ma nemmeno pierfra e forfeit insieme riuscirebbero ad arrivare a tanto...
Ritratto di Ac83
9 dicembre 2024 - 18:43
3
Giusto per rimanere in tema sul polacco...90 minuti di applausi per la citazione caro flynn
Ritratto di Volpe bianca
9 dicembre 2024 - 18:45
Tra questa e la Skoda "Pdor figlio di kmer", sono sempre loro :-))))
Ritratto di Flynn
9 dicembre 2024 - 18:49
2
:-)))))) Grazie mille.. non ho resistito. Anzi chiedo scusa a Byron, che ha speso tempo per un post molto serio.
Ritratto di Volpe bianca
9 dicembre 2024 - 19:04
Sì, Byron sicuramente ha capito che si scherzava :-) , il suo commento comunque anche se lunghissimo l'ho letto
Ritratto di Byron59
9 dicembre 2024 - 19:18
Grazie a entrambi.
Ritratto di Beppe_90
9 dicembre 2024 - 20:48
Hahah flynn bella questa .. byron59 però la prossima volta sintetizza un po’ ;) hehehe
Ritratto di Byron59
9 dicembre 2024 - 19:12
Beh, in parte Parretti scagiona il motore elettrico, anzi l'elettrico a batteria, dalla responsabilità del disastro del settore automotive in Europa. E considera la situazione figlia della incapacità del sistema capitalista abbandonato a se stesso. Scrivo in parte, perché Parretti ritiene che quella elettrica comunque non potrà essere mai una motorizzazione di massa. E direi che fin qui non possiamo dargli torto.
Ritratto di JustSimon
9 dicembre 2024 - 19:11
Scusa fra, ma io non leggo così tanto.
Ritratto di Ilmarchesino
9 dicembre 2024 - 21:30
3
Hai ragione ma il prossimo cerchiamo di sintetizzare un poco altrimenti mi sembra di stare su Wikipedia..
Ritratto di BZ808
10 dicembre 2024 - 07:04
In questo periodo storico certi discorsi che sembrano di epoche remote hanno ancora attualità, tanta attualità. Al momento ci si trova in una spirale, dalla quale non è chiaro come poter uscire (o meglio, lo è...), che parte dalla finanziarizzazione, passa per la de-industrializzazione e arriva all'accentramento dei capitali. Il "nemico" non è il motore elettrico, non è la concorrenza cinese, non sono i lavoratori a basso costo degli altri stati, ma lo scollamento che va ampliandosi tra i "mercati" e la vita reale! Forse bisognava ascoltare di più Marx, di più Keynes... o forse, più semplicemente, evitare di farsi abbindolare!
Ritratto di Byron59
10 dicembre 2024 - 13:58
Secondo me Marx è imprescindibile se si vuol capire qualcosa sulla produzione e sul lavoro. L'analisi marxista è continuata in questi anni e ha il merito di mettere in luce i meccanismi di replicazione del capitale. Mentre l'analisi neoliberista la trovo sempre infarcita di propaganda e ha la tendenza a mistificare i processi che stanno avvenendo in questi anni imputandoli per lo più a cause esogene, non controllabili che rendono la realtà un labirinto inviolabile (e viene da domandarsi perché seguire le loro ricette se così ritengono. Ma appunto è solo una maschera perché la loro verità è troppo dura da digerire) . Mentre l'impostazione materialista e storica, strutturalista e post strutturalista, a mio giudizio, offre risposte più adeguate. Ma bisogna andarci a sbattere la testa sui libri, cosa che la maggioranza non gradisce, preferendo slogan o ricette facili. E in quel campo purtroppo i media mainstream sono insuperabili. Il mio è soprattutto un invito al pensiero critico.
Ritratto di BZ808
10 dicembre 2024 - 21:02
La propaganda è la loro arma più potente, e sfortunatamente in troppi ci cadono...
Ritratto di cava64
10 dicembre 2024 - 08:48
....la sintesi non e' il tuo forte....
Ritratto di Gasolone xv
10 dicembre 2024 - 08:52
Mettete un limite di caratteri ai commenti. Grazie
Ritratto di Byron59
10 dicembre 2024 - 13:59
Paghi quel che ho scritto a caratteri? O lo paga il sito? Solo propaganda insomma.
Ritratto di list
10 dicembre 2024 - 09:59
Molto interessante, bravo.
Ritratto di Miti
10 dicembre 2024 - 10:32
1
La cosa più stupida che un sistema capitalista può fare è produrre in stock...senza vendere ... i comunisti facevano così. Poi per comprare qualcosa dovevi farlo insieme ad un'altro articolo che a te nemmeno interessava...mi spiego ...volevi un paio di mutande? Dovevi comprare anche tre matite, un paio di lacci e tre caramelle di menta ... Magari negli stati uniti possono provare questa modalità di vendita...
Ritratto di Al_Ta21
9 dicembre 2024 - 18:04
Direi che solo un cieco non si renderebbe conto dei motivi della crisi. Non uno straccio di powertrain full hybrid, gamma anche negli USA più che arcaica (uniche motorizzazioni Jeep il 2.0 turbo e il 3.6 Pentastar), modelli elettrici che sono vecchi già alla presentazione (architetture 400V, piattaforme multienergia) e non hanno minimamente l'appeal, nè il rapporto qualità prezzo, degli altri competitor. Un modello aveva Fiat che vendeva bene ovunque: la 500 hybrid. Bastavano due cazzate a portare le emissioni sul ciclo di omologazione sotto i 95 g/km come succede per la Yaris hybrid, e invece loro fanno la 500e solo elettrica peraltro prezzandola oltre i 30mila euro. Evito di commentare l'assoluta depauperazione dell'offerta motori: su 10 marchi la metà dei modelli gira col 1.2 puretech in varie declinazioni. Insomma per riassumere, Stellantis pare che sia nata per far risparmiare ad ambedue le aziende parecchi soldi, che però al posto di essere stati reinvestiti pesantemente per modernizzare una gamma prodotto che è 2/3 anni dietro a tutti gli altri competitor (a voler essere buoni) sono stati evidentemente distribuiti tra azionisti e manager. Ottima gestione :)
Ritratto di Byron59
9 dicembre 2024 - 19:14
Il punto è che non vogliono investire. Si fondono e fanno gruppi sempre più grandi per NON fare investimenti.
Ritratto di MrMagoo
9 dicembre 2024 - 18:09
Tavares ha chiuso la produzione italiana e questo è un problema di "vendibilità" dei prodotti. Se l'auto è fatta in Italia la vendi diversamente fatichi. Le auto sono "solo" francesi per telai, componentistica e design e l'appeal è scarso. PSA era in difficoltà prima di unirsi a FCA, Citroen non vendeva, DS un buco nell'acqua, Chrisler ridotta al nulla e gli americani non l'anno perdonato. I mercati europeo e americano hanno capito che STELLANTIS era una finanziaria non un costruttore di auto e l'umore del mercato è il peggior nemico da sconfiggere. Mi sbaglierò, ma le auto italiane si fanno in Italia, le francesi in Francia e le tedesche in Germania, dare anima e provenienza alle auto.
Ritratto di Flynn
9 dicembre 2024 - 18:21
2
E' però vero, però , che la 500 ha avuto un grandissimo successo, nonostante sia prodotta in Polonia
Ritratto di Flynn
9 dicembre 2024 - 18:22
2
*sia stata
Ritratto di Alvolanaftone
9 dicembre 2024 - 21:34
Ahahahahahaha fiore raccontaci di quando ti hanno bannato dall'alfa club perché denigravi la Giulia. Ahahahahahaha
Ritratto di CR1
10 dicembre 2024 - 06:01
Assemblata in Polonia , ma non lo sapeva quasi nessuno . pensa un' amica mi disse ; bIsOgnA comprare auto italiane e comprò 500L - poco a poco si vien a sapere e anche Calogero lo scoprirà
Ritratto di Flynn
10 dicembre 2024 - 07:47
2
Certo che comprare la 500L richiedeva un bel atto di fede nell'industria italiana. ..
Ritratto di LINARRoma
9 dicembre 2024 - 18:21
VOGLIAMO MOTORI FIAT per la Fiat 600, per la Fiat Grande Panda, per L'Alfa Junior , per la Lancia Y. Il Puretech peugeot e' la causa della disfatta. L'Italiano vuole motori italiani
Ritratto di Oxygenerator
10 dicembre 2024 - 10:44
Ah quindi stellantis che crolla sul mercato americano è per lei colpa del fatto che in Italia vogliamo motori italiani. Non fa una piega
Ritratto di cava64
9 dicembre 2024 - 18:21
Penso che gli errori siano stati tanti . Il primo , l' eliminazione sistematica dei diesel dalle gamme generaliste , quindi opel , fiat , peugeot e citroen . L' eliminazione totale di carburanti alternativi , vedi metano e GPL dove Fiat e anche Opel , avevano un mercato fiorente , l' imposizione di un motore unico endotermico su tutte le gamme e su quasi tutti i modelli , addirittura un motore con delle criticita' e dalla nomea nefasta . Aggiungiamo uno spaventoso copia incolla per tutte le nuove vetture , uniformando esteticamente varie gamme . Mettiamo un' aumento dei prezzi generalizzato e il patatrac e' fatto . Sulle elettriche non mi pronuncio, primo perche non conosco la qualita' dei prodotti stellanti in quell'ambito , secondo che vanno tutti male , come vendite , tranne Tesla e cinesi
Ritratto di Robby96
9 dicembre 2024 - 18:23
Ma è una catena generale, ora Stellantis poi saranno anche le altre case automobilistiche. Le auto sono diventate troppo sofisticate! L'elettrico o ibrido in pochi lo vogliono acquistare, sia per l'elevato costo delle autovetture e manutenzione ma anche per la poca affidabilità che la gente ha di queste vetture
Ritratto di Dzan
9 dicembre 2024 - 18:27
I casi sono due, ho Tavares ha sempre detto bugie, oppure è vero che ha creato utili, ma mai investiti nella produzione, ma, distratti per entrare in qualche tasca compresa la sua, perché, siamo franchi, se una ditta è in crisi nera non ha i soldi per pagare milioni di buonuscita (oltre al compenso annuale) ad un dipendente, qualsiasi sia il suo rango
Ritratto di probus78
9 dicembre 2024 - 18:35
Stellantis è nata con il peccato originale di essere a guida francese. E basterebbe anche solo dire questo. Il resto è noia. Tavares ha pensato solo a piazzare i pessimi propulsori francesi in tutte le auto del gruppo, col disastroso risultato che vediamo. Nordamerica e Italia abbandonate a se stesse con prodotti vecchi e non rinnovati. Cherokee sparito. Opel marchio distrutto diventato un mero clone di schifezze d'oltralpe. Elettrico Peggiore al mondo. Cosa produce oggi Stellantis che davvero varrebbe la pena di comprare?
Ritratto di forfEit
9 dicembre 2024 - 18:47
Vediamo ssa eventuale 500 de-elettrizzata e fatta ibrida... (prezzi esosi permettendo)
Ritratto di probus78
9 dicembre 2024 - 21:29
Venderà qualcosina ma da sola mica può risollevare il gruppo dal disastro...
Ritratto di Simone Pettenuzzo
9 dicembre 2024 - 18:54
Gli "straordinari risultati che celebrava" semplicemente erano delle gran palle per convincere il "pubblico" che fosse un grande marchio affidabile
Ritratto di Gordo88
9 dicembre 2024 - 19:19
1
No ma non era previsto, andava tutto quanto molto bene.. vabbè a parte i soliti boccaloni
Ritratto di Maximilian-92
9 dicembre 2024 - 19:25
2
Il mercato lo fa il cliente. Il cliente non compra Stellantis (FIAT), quindi?
Ritratto di JC
9 dicembre 2024 - 19:27
io direi di cambiare la domanda: come è possibile che solo fino a pochi mesi fa giornali e anche alcuni "illustri" commentatori in questi post affermassero invece che andava tutto bene ? oppure come è possibile pensare di vendere auto al doppio del prezzo e per di più banali se no addirittura brutte ? ma anche: come è possibile che anche Volkswagen pretendesse di investire decine e decine di Miliardi(in ottale fra i 150 ei 200) senza che nessuno scrivesse che non era vero e che comunque sarebbe stata una idiozia ?
Ritratto di Quello Li
9 dicembre 2024 - 19:43
SARÒ SERIO E PROLISSO: MA VADA AFFANGALA LUI E SOPRATTUTTO I SUOI PADRONI. TANTO SE QUALCUNO CREDE CHE GLI EL KANN FACCIANO IL BENE DEL NOSTRO PAESE È ANCORA SINTONIZZATO SU TELEMARTE.
Ritratto di Goelectric
9 dicembre 2024 - 20:07
Di un gruppo che licenzia e da milioni di euro ai propri a.d. io non compro nemmeno un portachiavi
Ritratto di BZ808
9 dicembre 2024 - 20:40
La zavorra FCA.
Ritratto di Spock66
9 dicembre 2024 - 21:28
La UE è ad un bivio..o vara delle leggi che obbligano tutti a comprare elettrico subito, applicando divieti e/o superbolli su tutte le auto termiche, oppure si arrende e capisce che le BEV saranno auto di nicchia per i prossimi 30 anni. Nel primo caso si ottiene una rivolta popolare 1000 volte peggio di quella dei trattori di Bruxelles o dei Gillet gialli in Francia, nel secondo caso deve capitolare e rimangiarsi tutto in fretta..onestamente questi governanti tecnocrati green-socialiati sono così pazzi e corrotti che non scommetto su nessuna delle due soluzioni..la terza via, il non fare nulla, non credo che le case automobilistiche la permetteranno, vorrebbe dire l'annichilazione dell'automotive europeo
Ritratto di Rav
9 dicembre 2024 - 22:13
4
Ma anche se obbligassi tutti ad acquistare le elettriche vorrebbe dire chiudere tutto perchè i cinesi si prendono tutto il mercato. L'UE dovrebbe in prima battuta togliere il caos dal mercato in modo che chi puó acquistare un'auto lo faccia e non tenga la sua a oltranza per capire dove tira il vento. E poi serve gente, sia Politici che industriali, con una visione a 10 anni, non a 10 secondi.
Ritratto di Mauro1971
9 dicembre 2024 - 22:06
1
Ad affossare fiat ci pensano gli esterofili da anni..fiat 500 doveva essere prodotta in Italia come panda.fu un errore spostarla in Polonia hanno pagato operai stranieri per anni..io mi rifiuto di comprare prodotti stranieri a parità di qualità ora panda vende tantissimo..sappiamo fare auto piccole facciamo auto piccole!era una unione di case vicino al fallimento..
Ritratto di probus78
10 dicembre 2024 - 09:50
La 500 elettrica è piccola ed è fatta in Italia ma non vende perché costa uno sproposito ed ha autonomia bassa.
Ritratto di Mauro1971
10 dicembre 2024 - 12:12
1
Dal 2002 al 2012 panda fu fatta a tchy.errore enorme e con quelle normali che fai soldi sono stato azionista fiat per 10 anni almeno
Ritratto di Rav
9 dicembre 2024 - 22:09
4
Sono state operate anche scelte sbagliate come quella di mantenere un unico motore come scelta su tutti i modelli e quasi tutti i marchi. Non dico non dovessero proporlo ma un po' di scelta ci vuole e i competitors la lasciano. Aggiungiamo poi che il detto motore ha dato pure problemi, di certo non ha aiutato. E poi c'è il fatto che 10-12 marchi sono difficili da gestire e da far andare tutti alla grande. È possibile che con un po' di scelta in più la situazione sarebbe stata un poco migliore. E poi le vetture. Giusto stare nei segmenti che vendono di più, ma le auto dovrebbero essere un po' più diversificate, personali. Una su tutte la Ypsilon, apprezzata piccola citycar, sostituita da un'auto di un segmento completamente diverso e con prezzi duplicati. Poi in realtà tante idee alla base avevano senso ed erano ragionate, ma la messa a terra doveva essere fatta meglio.
Ritratto di Jimgoose
9 dicembre 2024 - 22:20
é una galassia di marchi automobilistici che hanno vissuto decenni di vacche grasse grazie a bilanci drogati da cospique iniezioni di denaro pubblico,distratto x interessi privati,manovre industriali vergognose al solo scopo di far fluire i denari verso il comparto finanza creativa del gruppo dalla nuova stirpe di sanguisughe al timone.a questo punto che cadano,tanto gli operai (italiani)sono gia condannati dalle programmate e certe chiusure e delocalizzazioni
Ritratto di Mauro1971
10 dicembre 2024 - 12:14
1
Tutti siamo sanguisughe se possiamo. Battiamo cassa etc etc.
Ritratto di Adso da Melk
9 dicembre 2024 - 23:49
Anche troppe auto avete venduto
Ritratto di giocchan
10 dicembre 2024 - 00:57
L'articolo mette a fuoco tante verità... su tutte, per me: 1) la perdita di "buon nome" dopo il modo in cui hanno gestito i problemi con il motore Puretech (10 anni facendo finta di niente, poi ti pago la riparazione, ma solo se l'auto ha meno di 8 anni, a scalare...) e degli airbag Takata su Citroen (ma anche l'OBC e il climatizzatore sulle BEV) 2) i prezzi gonfiati su mooolti modelli (Corsa base a 20k? e-Corsa a 34k? Pandina a 18.9k? ecc...) 3) l'immane ritardo con cui stanno mettendo (o hanno messo) in vendita le auto su base SmartCar, quelle che dovrebbero garantire numeri di vendita. ---- Riassumendo ciò che è successo: hanno ridotto il numero di auto vendute e aumentato i prezzi per mantenere alta la redditività... ma poi di fatto non sono riusciti a proporre prodotti nuovi, all'altezza delle pretese economiche... e infine, troppo tardi, sono corsi ai ripari con SmartCar, per cercare di recuperare di nuovo volumi. PS: per un bel pezzo, in europa, le vendite del gruppo erano rette da Peugeot (tutti impazziti per l'i-Cockpit!), ma anche quell'effetto novità oggi è venuto meno.
Ritratto di Kappa18
10 dicembre 2024 - 04:25
Forse sarebbe davvero il momento di creare un industria automobilistica statale anche a costo di rimetterci qualcosa ogni anno, ma poi con tutto l'indotto l'industria "Italia" ci guadagnerebbe comunque. Basta essere alla stregua di sta gente e ricattati ogni volta che le cose non vanno a causa loro principalmente.
Ritratto di Dheghe
10 dicembre 2024 - 08:12
Oggi acquisterò 2 auto a prezzo stracciato provenienti da una successione di un conoscente venuto a mancare, che altrimenti sarebbero state rottamate... una Volvo diesel di 10 anni con meno di 100.000 km e una Polo benzina di 15 anni praticamente perfetta... e con 7 auto in casa sto a posto per il resto della vita.
Ritratto di Ilmarchesino
10 dicembre 2024 - 09:21
3
Mi hanno riportato una frase del celebre fondatore FORD. Lui pagava 5 dollari al mese i suoi operai,che così guadagnavano il doppio rispetto ad altri . Lo faceva perché ??? Perché devo dare la possibilità ai miei operai di comprarsi le auto che loro producono altrimenti a chi vendo le mie auto?? In sintesi nel 1994 in operaio fiat impiegava 9mesi del suo stipendio per comprare una Fiat punto.ora Lo stesso operaio impiega 18mesi per comprare un prodotto tipo Panda.ovvero segmento inferiore al doppio costo. Se a Mirafiori mi fai solo Maserati che partono da 100k a salire mi dici quanti italiani se la possono comprare come auto si massa per la famiglia?? Ecco ,questo è stato il grande crack aggiunto alla delocalizzazione ed ai motorini PSA Per non parlare del fatto che il diesel fiat andava benissimo e per sopravvivere avrebbero potuto produrlo in Italia almeno fino al 2034
Ritratto di Mauro1971
10 dicembre 2024 - 12:17
1
Ogni operaio prende 1400 e ci arrivi prima alla panda la frase è famosa da anni
Ritratto di jackwalesan
10 dicembre 2024 - 09:25
Oltre rutti i punti evidenziati io aggiungerei il marketing: come fai a togliere dal listino un modello come la Lancia y che aveva una particolare e ben conosciuta clientela e sostituirla con un altro modello che non ha niente che possa soddisfare la vecchia clientela. Stesso errore per fiat 500, 600, Panda. I nodi vengono al pettine
Ritratto di Alfiere
10 dicembre 2024 - 09:51
2
Succede quando guardi ai bilanci come se fossero tutto e non comprendi il tuo prodotto, come sta andando e come sei posizionato a livello tecnologico rispetto ai competitor. Piu che un costruttore è una finanziaria.
Ritratto di probus78
10 dicembre 2024 - 09:59
Il fondo lo hanno toccato quando hanno pubblicizzato le scontistiche, anche per le Maserati, agli operai Stellantis, compresi i cassintegrati. Una bassezza del genere nel prendersi gioco della vita delle persone, o se vogliamo, un errore madornale di comunicazione e/o marketing, la dice lunga sulla gestione complessiva dell' azienda.
Ritratto di probus78
10 dicembre 2024 - 10:04
Essendo un utente vecchissimo di questo forum ricordo con nostalgia i battibecchi tra "fiattari" e "vaggari" che tenevano banco 10/15 anni fa prima di esser soppiantati da quelli pro elettrico vs termico. Nostalgia perché almeno all'epoca esistevano ancora sostenitori dei prodotti Fiat che ancora qualcosa di buono esprimevano. Oggi è finito tutto.
Ritratto di Dheghe
10 dicembre 2024 - 11:02
E si ricordo... io non ero ne per uno ne per l'altro, ma solo stato molto critico (per non dire di peggio...) con la gestione Fiat degli ultimi 40 anni e Stellantis ha saputo fare di peggio...
Ritratto di probus78
10 dicembre 2024 - 12:18
Vero. I francesi hanno distrutto anche quel po' di buono che era rimasto..
Ritratto di Mauro1971
10 dicembre 2024 - 12:21
1
Paragonare le due era sbagliato i tedeschi possono spendere di più Indi le auto sono per forza leggermente migliori..Opel Corsa spagnola polo spagnola..tedeschi i soldi..il resto zero tedesco
Ritratto di alex_rm
10 dicembre 2024 - 10:42
Politiche commerciali sbagliate usando un solo motore e facendo auto troppo simili tra di loro(in Volkswagen le differenziano di più) e poi hanno cercato soldi al governo italiano dopo aver spostato la produzione delle eredi(600 e avenger) di 500x e renagade all estero ed in Italia mirafiori quest anno é stato chiuso 9 mesi(per mancate vendite di 500 elettriche e Maserati) a Cassino faranno le nuove Giulia Stelvio solo elettriche e a Melfi faranno solo la nuova compass(su base 3008) e la ds8 elettrica
Ritratto di Mauro1971
10 dicembre 2024 - 12:23
1
500 x e Renegade si fanno a Melfi .la seconda oltre due milioni di pezzi venduti..
Ritratto di alex_rm
10 dicembre 2024 - 14:00
La 500x non é più in produzione(si trova ancora qualcosa nell invenduto) e la renegade é vecchia di 10 anni e non più al passo con la nuova concorrenza(non é chiaro se farà la fine della 500x o faranno qualche aggiornamento per aumentare le attuali vendite). le nuove 600 e avenger sono fatte in polonia.a Melfi si farà la nuova compass su base 3008 a partire da 40k€ e la nuova ds8 elettrica(ne venderanno qualche centinaio)
Ritratto di Mauro1971
10 dicembre 2024 - 14:10
1
La 500 x fatta fino a poco fa..lo cita imparato nell' intervista..
Ritratto di Oxygenerator
10 dicembre 2024 - 11:14
Prima o poi i nodi vengono al pettine. Stellantis è un infinito insieme di marchi traballanti se non già tecnicamente falliti da anni. Uniti per non morire, insomma. Mettersi insieme ha dapprima avuto una conseguenza positiva sui risparmi del gruppo. Ma la mancanza d’innovazione e ricerca di questi marchi, ha presentato il conto. Stellantis non ha un full hybrid che oggi vende per la maggiore, ed ha un elettrico, la motorizzazione del futuro, attualmente parecchio scarso. Aggiungiamo scelte al “ risparmio “ ed i loro prodotti sono fuori dal tempo, pur costando quasi come gli altri. Alcuni marchi della galassia Stellantis poi, sono delle zavorre insostenibili. Maserati, Alfa Romeo, DS, Lancia, Abarth, Chrysler, forse anche Dodge, son tutti marchi in debito d’ossigeno che pesano su quelli che se la cavano. Quelli che se la cavano hanno però motorizzazioni discutibili. Bisogna poi vedere in prospettiva il discorso multe per eccesso di produzione di CO2. Stellantis deve eliminare i pesi morti e ridurre di parecchio la produzione di automobili, nei paesi piú costosi. Oltre a ridimensionarsi, deve contemporaneamente salire di qualità nei suoi prodotti.
Ritratto di Mauro1971
10 dicembre 2024 - 12:25
1
L 80 per cento delle persone non compra l auto in base al motore ma al modello..siamo noi del forum a fare il contrario ma non facciamo numeri
Ritratto di Gordo88
10 dicembre 2024 - 14:32
1
Anche poi il fatto della mancanza del full hybrid, in europa la quota è del 10-15% mentre il mild sta al 20 benzina al 30 e diesel al 10 ossia il 60% del vednuto in quropa è termico o quasi.. in prospettiva futura va bene averlo ma non è certo questo uno dei motivi della crisi
Ritratto di preda
10 dicembre 2024 - 13:47
Quando tu ti metti a fare doppioni di auto con motori penosi, alla fine te la fanno pagare. Se uno piaceva opel, e' perche non voleva ne fiat ne PSA, invece hanno cancellato i motori fiat e opel, andando a rifilare un motore penoso PSA 3 cilindri sfigato in tutti i sensi; oltretutto facendo sinergia tra telai e motori per contenere i costi, uno si aspetterebbe una netta riduzione di prezzo. Invece mi rifili lo stesso motore e lo stesso telaio, con prezzi saliti all'insu', e il cliente fa 2 + 2, un po lo freghi, poi ti si ritorce contro. E in piu fai andare di mezzo pure le Alfa: una alfa con uno sfigato frullino e un telaio uguale agli altri, ma siamo matti?
Ritratto di alex_rm
10 dicembre 2024 - 15:56
I telai e motori li condividono anche in vag tra Volkswagen-audi-skoda-seat-cupra però almeno differenziato di più i vari modelli dello stesso segmento(come per golf-leon-a3-octavia) e usano più motori e alimentazioni
Ritratto di serginolatino
11 dicembre 2024 - 08:17
La crisi di Stellantis è data da un insieme di motivi, ben elencati nei commenti precedenti. In cima a tutto metterei il fattore umano: l'arroganza e l'incapacità di mettersi nei panni dei propri clienti, che si trovano un' offerta di prodotti troppo costosi rispetto alle proprie tasche. Questo al di là di qualità e doti delle auto in oggetto. Se la conseguenza di aver mandato in rovina un intero gruppo di aziende e far rischiare il posto a migliaia di persone é prendersi un premio astronomico, di cosa stiamo parlando? E gli azionisti di maggioranza cosa fanno nel frattempo?
Ritratto di AZ
11 dicembre 2024 - 12:16
Ovvio, invece di investire, paga gli azionisti.
Ritratto di sergioxxyy
11 dicembre 2024 - 14:20
Stellantis = tutti brand molto simili e avrebbero dovuto: Alfa Romeo potenziare/esaltare solo modelli sportivi. Maserati: solo modelli extra lusso Fiat e Opel potenziare/esaltare solo modelli medio piccoli Peugeot e Lancia potenziare/esaltare solo modelli medio alti Citroen continuare a fare modelli estrosi magari azzeccando qlc modello in piu'. Ke ne dite?
Ritratto di POWERSMARTTHEBEST
11 dicembre 2024 - 14:58
tornare subito a produrre veicoli a motore termico IL PROBLEMA sono i veicoli elettrici che non si vendono perche non funzionano e il popolo non li vuole per
Ritratto di POWERSMARTTHEBEST
11 dicembre 2024 - 14:58
FALLIMENTO DELLE AUTO ELETTRICHE ECCO LE PERCENTUALI DEL PARCO CIRCOLANTE IN EUROPA A DICEMBRE 2024 italia 42,8 %DIESEL -- 42,9BENZINA -- 6,3GPL -- 2,3METANO -- 4,7%HEV -- 0,5%PHEV -- 05%BEV in tutti gli altri paesi europei i dati sono piu o meno questi cambia solo la percentuale tra DIESEL E BENZINA che in alcuni paesi e piu alta per il BENZINA ma i numeri di tutto il resto e piu o meno somo sempre quello che vedete ! se dopo 15 anni di propaganda incentivi e imposizioni dalla commissione europea le percentuali sono queste l elettrico e un fallimanto perche non funziona ! e non funziona perche la macchina non funziona non esiste ! i motivi principali non sono le infrastrutture di ricarica o i costi elevati dei veicoli come ci vogliono far credere ma sono questi: 1 le batterie delle auto elettriche prendono fuoco ed eplodono durante la ricarica quando e troppo freddo si scaricano velocemente e quando fa troppo caldo esplodono. 2 i tempi di ricarica troppo lunghi per le quali ci vogliono molte ore perse 3 il peso della batterie che ci portiamo a spasso senza nessuna vantaggio e che ci fanno consumare piu energia di una auto termica ! quindi quando avremo le batterie che peseranno come un serbatoio di gasolio da 70 Litri che pesa piu o meno 70 Kg e che faranno con un pieno che dura 5 minuti e percorriamo 1250 Km allora avremmo la macchina elettrica che funziona , ma fino ad allora non abbiamo niente solo propaganda e imposizioni e fesserie ecologiche !! vediamo forse tra 2/300 anni se l auto elettrica funziona P.S. in molti stati le auto elettriche non ci sono proprio non vengono neppure prese in considerazione dalla rete di vendita e neppure importate
Ritratto di POWERSMARTTHEBEST
11 dicembre 2024 - 14:59
devono ritornare a produrre veicoli con solo motore termico altrimenti sara fallimento se continuano a seguire le regole della commissione europea comandata dai banchieri sionisti i quali sono 300 anni che vogliono conquistare la russia , e il loro piano e far fallire tutta l industria metallurgica e automotive civile europea e convertirla in industria bellica per produrre veicoli da guerra per fare guerra a nostre spese contro i russi . QUESTO E IL LORO VERO PIANO l elettrico e solo un specchietto per scemi ed un passaggio verso il fallimento della costruzione dei veicolo ad uso civile a veicoli militari , e questi veicoli militari non saranno elettrici ma bensi solo termici e diesel o policarburanti e di grossa cilindrata . SVEGLIA GENTE CHE ORMAI E TARDI
Ritratto di POWERSMARTTHEBEST
11 dicembre 2024 - 15:00
LE FALSE ECOLOGICHE AUTO ELETTRICHE PARCHEGGIATE IN OFFICINA E IN GARAGE CHE PRENDONO FUOCO DA SOLE SPONTANEMANTE DISTRUGGENDO TUTTO Nononostante il serrato controllo del main streem sul web e nei media europei che CENSURA tutte le notizie di questo argomento, qualche notizia di spontanei incendi delle auto elettriche passa sul web . e se cercate bene in siti stranieri ed extraeuropei potete vedere che tali incendi sono tantissimi , ed in molti casi catastrofici non solo per le auto, ma spesso coinvolge abitazioni e capannoni, e i vigile del fuoco non sanno come spegnerle , perche non si possono spegnere , il litio a contatto con ossigeno dell aria prede fuoco subito , e a contatto con l acqua esplode. l incendio con batterie al litio raggiunge velocemente i 1300 gradi sufficenti a danneggiare le trutture in cemento ed in ferro delle case o capannoni e renderli strutturalmente intabili , quindi inabiltabili . QUINDI PARCHEGGIARE L AUTO ELETTRICA NEL GARAGE SOTTERRANEO DEL CONDOMINIO E UNA FOLLIA , se si incendia va evaquato tutto il condominio e in molti casi e reso inabitabile perche la strutture in cemento armato a 1300 gradi perdono le loro caratteristiche di resistenza al peso e alla trazione . CONSIGLIATE A CHI HA L AUTO ELETTRICA DI PARCHEGGIARLA FUORI ALL APERTO E LONTANO DA CASE O ALTRE STRUTTURE .
Ritratto di POWERSMARTTHEBEST
11 dicembre 2024 - 15:00
Rcordiamo anche che in caso di incidente le uato lettriche prendono fuoco con estrema facilita in pochi secondi , e si e imprigionati dentro Lascio immaginare la fine che farete , oltre a coinvolgere tutti gli altri veicoli coninvolti nel sinistro . ed in atostrada gia si vedono questi incendi di auto elettriche coinvolti in incidenti . Oltre a questo anche se l auto non prende fuoco in caso di incidente la riparazione dei veicoli elettrici a causa delle procedure di sicurezza da eseguire e le attrezzature da usare e costosissima ed e a parita di danno rispetto ad un veicolo a motore termico , il costo e quasi il doppio .
Ritratto di lupeto
11 dicembre 2024 - 15:58
La storia si ripete, la mancanza di investimenti portò la Fiat della 127 al quasi fallimento, se non fosse stato per un genio dell'epoca che firmò la Uno la Fiat sarebbe fallita, quindi speriamo in un nuovo genio per la salvezza del gruppo Stellantis, io spero in De meo unico vero genio dei giorni nostri
Ritratto di Lamadai
11 dicembre 2024 - 23:47
L' elettrico è al momento un acquisto che non ha senso,le ibride fanno schifo l' hanno capito tutti le altre sono me,,da di Dinosauro e allora ecco paralizzato il mercato senza fare tanti teoremi...