PROMESSE NON MANTENUTE - E dire che dopo l’annuncio, la scorsa primavera, del ritardo nel progetto della Hongqi S9 (nelle foto) per mancanza di fondi, il mese scorso erano arrivate notizie confortanti. Il fatidico acquisto del terreno su cui costruire la fabbrica (nel disegno più in basso), nella frazione di Gavassa, alle porte di Reggio Emilia, una formalità da archiviare il 5 agosto. Un mese dopo, la cerimonia di inizio lavori, con la simbolica posa della prima pietra a favore di flash e cineprese. Il grande giorno sarebbe alle porte e il condizionale è d’obbligo, visto che, al momento, di tutto questo non si è visto nulla. Si addensano, più forti di prima, dubbi e incertezze sulla reale fattibilità del piano industriale della startup sino-americana Silk-Faw, che a partire dal 2023 dovrebbe produrre, al ritmo di circa cento all’anno, supercar ibride ed elettriche di extra lusso con un prezzo di listino intorno ai due milioni di euro.
PER ORA È TUTTO UN NULLA DI FATTO - Nel progetto d’investimento nella Motor Valley italiana - che vale un miliardo di euro e prevedrebbe, oltre alla realizzazione di una fabbrica da sogno, un campus in cui coltivare i migliori talenti provenienti dalle scuole d’ingegneria di tutta Italia - la Regione Emilia Romagna e il comune di Reggio Emilia hanno creduto molto. Con la promessa di contribuire alla creazione di nuovi posti di lavoro iniettando 4-5 milioni di euro. Per ora, tuttavia, le ambizioni della Silk-Faw di costruire vetture in grado di competere con Ferrari, Maserati e Lamborghini giacciono sepolte tra ettari di sterpaglie ed edifici abbandonati. Molti progettisti, secondo quanto riportato in un articolo apparso nell’edizione di ieri del quotidiano La Verità, hanno trascorso gli ultimi mesi a disegnare e studiare modelli in scala, senza tuttavia ricevere lo stipendio dallo scorso maggio. Non solo mancherebbero i fondi necessari per far decollare il progetto; ci sarebbero, come ha raccontato un ingegnere della neonata società al Resto del Carlino, anche debiti per circa 30 milioni di euro con i fornitori. Un quadro per nulla confortante, al punto che, col passare dei giorni, si allunga la lista di manager che hanno deciso di lasciare la nave ancor prima di iniziare il viaggio.
SUL CASO ORA INDAGA LA MAGISTRATURA - Sul caso Silk-Faw in Emilia Romagna, nel frattempo, ha aperto un fascicolo la Procura di Reggio Emilia, che ha affidato le prime investigazioni alla Guardia di Finanza. Per ora, nel registro degli indagati non compare nessun nome, mentre fitto è l’elenco dei dipendenti che non si arrendono e continuano a chiedere contezza dei mancati pagamenti. Ai legali che tutelano i lavoratori la società ha spiegato che, trattandosi di una startup, può rientrare nella normalità, in una fase iniziale del progetto, non disporre dei fondi necessari per pagare gli stipendi agli impiegati. Nella querelle, lo scorso 10 agosto, è intervenuto direttamente il presidente del consorzio, Jonathan Krane, la cui credibilità, tra soldi che non arrivano e soci cinesi che sembrano fantasmi, è sempre più precaria. Al punto che sull’intero progetto, così ambizioso da voler mettere in strada in una manciata di mesi automobili che alla Ferrari impiegano fino a cinque anni per costruire, ora aleggia anche il sospetto del riciclaggio. A fare chiarezza sulla vicenda sarà l’indagine appena avviata.