Dopo aver sbrigato le consuete pratiche di registrazione presso l’accredito, dopo un’attesa di circa un’ora, finalmente giunge il mio turno: il responsabile della gestione “piloti” mi apre la portiera della splendida F430 spider, io, con il cuore a mille ed un’aria da ebete, dopo una lieve contorsione, mi “incastro” nell’avvolgente sedile racing a pochi centimetri dal suolo.
Vengo subito colpito da un dettaglio, diciamolo pure, insolito, divenuto sempre più raro negli ultimi anni sulle GT: l’auto oggetto della prova era equipaggiata con cambio manuale. Ebbene sì, la sorpresa è stata eclatante anche per me. Mi aspettavo di armeggiare come i paddles al volante ed, invece, mi toccava azionare frizione e cambio. Tuttavia, ammetto di aver benedetto la sorte: dopo aver guidato i più moderni doppia frizione ero curioso di guidare un bolide da 490 cv con la tradizionale trasmissione.
Lungi dal voler suscitare un dibattito acceso su quale tipologia di trasmissione sia preferibile su un’auto del genere, devo ammettere che guidare la leva del cambio nella griglia di selezione è stato stupendo. Certo, bisogna applicare una buona dose di forza per azionarla in quanto gli innesti risultano sì molto precisi, secchi, ma decisamente duretti; inoltre, la frizione, dall’escursione molto ridotta, è molto pesante da pigiare. Necessaria, dunque, una guida “maschia”.
Dopo gli inevitabili suggerimenti dell’istruttore, innesto la prima marcia: con grande naturalezza trovo senza difficoltà il punto di innesto, per cui la partenza risulta dolce, senza strattoni, grazie ad una frizione molto precisa e modulabile. Dopo pochi metri, su indicazioni del copilota, innesto la seconda e successivamente la terza, la marcia principale da tenere in circuito.
Già dai primi metri apprezzo la precisione del volante, dal carico giustamente elevato che mi trasmettere, fin da subito, un eccezionale feedback. Forte di ciò inizio ad aumentare l’andatura: dopo la seconda curva a destra mi si profila un lungo rettilineo: frusto l’acceleratore, ma non riscontro una reazione di rilievo: sono in terza, decisamente sottocoppia: il motore sembra “docile”, sale progressivamente di giri ma, poi, una volta varcata la soglia dei 4500/5000, esplode con un allungo entusiasmante, accompagnato da una sonorità unica, indescrivibile, da far rizzare i peli. Il sound Ferrari è davvero straordinario, inimitabile, irraggiungibile. Su invito del copilota innesto anche la quarta che, tuttavia, non riesco a tirare più di tanto.
Cento metri prima della fine del rettilineo, all’altezza di due birilli laterali che indicano il punto di frenata, ho modo di saggiare l’impianto frenante: assolutamente eccezionale. Mi colpisce la straordinaria potenza frenante e, soprattutto, lo splendido feedback del pedale, durissimo da azionare; si tratta di un comando veramente racing, distante anni luce da quello Porsche e Lamborghini, decisamente “molliccio”, a mio avviso, eccessivamente “stradale”. Finalmente, un pedale che va pestato come si deve, dalla corsa ridotta e senza bite iniziale. Non oso immaginare cosa è in grado di fare un impianto carboceramico.
Nonostante il circuito, per meglio dire, il kartodromo, per le sue caratteristiche, non fosse adatto a sfoderare in toto le sue superlative potenzialità, la F430 spider ha mostrato una certa agilità: sembrava molto più a suo agio, anche nelle curve strette, rispetto alla Lamborghini Gallardo, maggiormente tendente al sottosterzo.