COME UN’ARMA DA FUOCO - Si chiamava Martina Guzzi ed è morta a 24 anni lo scorso 28 maggio a Catanzaro dopo un incidente frontale in cui è stata coinvolta la Citroën C3 del fidanzato che stava guidando. Non a causa dell’incidente stesso, ma per colpa del malfunzionamento dell’airbag. È ciò che scrivono i periti della procura della città calabra, confermando i sospetti del sostituto procuratore Saverio Sapia. Secondo la dottoressa Isabella Aquila, direttrice della Scuola di specializzazione di Medicina Legale, e l’ingegner della Motorizzazione Civile Roberto Arcadia, l’incidente in sé non sarebbe stato sufficiente per portare a conseguenze tanto gravi, ma “dal punto di vista medico legale si può concludere che la sua morte sia in nesso di causalità diretta con un malfunzionamento del sistema di detonazione dell’airbag che, a seguito dell’urto, proiettava ad alta energia cinetica un corpo metallico con modalità di urto e lesività assimilabili a ferita d’arma da fuoco”.
IL RICHIAMO ERA ARRIVATO - Se tutto ciò venisse confermato, si tratterebbe della prima vittima accertata in Italia degli airbag Takata, l’azienda giapponese fallita nel 2017 (qui per saperne di più) che ha prodotto dispositivi difettosi a cui sono riconducibili 27 morti e oltre 400 feriti nei soli Stati Uniti. Proprio 4 giorni prima dell’incidente che è costato la vita alla giovane calabrese, il 24 maggio scrivevamo qui del richiamo che la Citroën aveva inviato a oltre 600.000 proprietari di C3 e DS 3 prodotte tra il 2009 e il 2019 relativo proprio agli airbag Takata. La casa francese invitava i proprietari a “sospendere immediatamente la guida” del proprio veicolo, avvertendo che in caso di incidente, il dispositivo di protezione avrebbe potuto gonfiarsi con forza eccessiva, provocando lesioni gravi o addirittura la morte.
NESSUNA RISPOSTA - La Citroën non è l’unica casa ad aver montato gli airbag Takata, utilizzati da tantissime altre case automobilistiche per centinaia di milioni di vetture, che a loro volta hanno inviato i richiami ai proprietari. Anche il fidanzato di Martina Guzzi aveva ricevuto la lettera che lo invitava a portare la propria C3 in assistenza e assicura di aver scritto alla Citroën rendendosi disponibile per sistemare il problema: “Ma da loro nessuna risposta”, denuncia Andrea Rubini, che con Gesigroup si sta occupando della tutela dei diritti della famiglia di Martina. Pur invitando i propri clienti a non guidare le auto interessate finché il problema non fosse risolto, promettendo auto sostitutive gratuite a chi ne avesse bisogno, la Citroën annunciava anche tempi lunghi: “Siamo pienamente consapevoli del fatto che, al momento, i clienti potrebbero incontrare alcune difficoltà o tempi di attesa più lunghi per la soluzione di mobilità”.