CONTRATTACCO - Per le case automobilistiche occidentali, il mercato cinese ha rappresentato per molti anni quello che i cercatori d’oro vedevano nel far west: una sorta di terra da conquistare. Del resto i numeri non potevano che attirare i big dell’industria automobilistica (nel 2023 sono state vendute 26 milioni auto) che per anni hanno dominato le classifiche di vendita. Ma il fuoco covava sotto la cenere e negli ultimi 10 anni i progressi fatti dai costruttori cinesi sono stati esponenziali e di conseguenza sono aumentate anche le vendite nel mercato interno, passate dal 40% nel 2015 al 57% nel 2023 (vedi grafico qui sotto). E la situazione non sembra destinata a cambiare.
ELETTRIFICAZIONE E GIOVANI - A guidare la crescita dei marchi cinesi nel loro paese è anche l’aumento della domanda dei veicoli elettrici, che nel 2023 hanno rappresentato il 23% del mercato. Tuttavia sarebbe fuorviante pensare che siano solamente le auto a batteria a trainare l’ascesa delle case cinesi: solo alcune di esse sono esclusivamente elettriche e metà delle vendite della BYD sono ancora costituite da auto ibride plug-in. I giganti locali, BYD e Geely in primis, sono riusciti negli ultimi anni a convincere una clientela generalmente più giovane ed esperta di tecnologia ad abbandonare la sicurezza dei marchi tradizionali. Questo processo è testimoniato dalla perdita della leadership del mercato da parte della Volkswagen a favore della BYD avvenuta lo scorso anno, con una quota che è scesa dal 14% nel 2017 al 10% nel 2023. A prescindere dall’alimentazione delle auto, l’ascesa dei produttori locali e il loro approccio aggressivo per conquistare quote di mercato ha reso più difficile fare affari in Cina per i produttori di automobili stranieri.
LENTA RITIRATA - Alcuni costruttori si stanno quindi lentamente ritirando dalla Cina o stanno riorganizzando le loro operazioni. Lo scorso anno Stellantis ha venduto le sue attività al partner Dongfeng, dopo aver provato senza successo ad aumentare le vendite della Citroën e della Peugeot, un tempo marchi molto forti in Cina. La joint venture tra la stessa Stellantis e la GAC è fallita nel 2022 mentre quella tra la Renault e la Dongfeng era saltata già nel 2020. Anche General Motors non esclude un’uscita dal mercato cinese, mentre la Ford, a causa delle sue scarse vendite, ha ridotto la sua produzione in partnership con la Changan al 20% della sua capacità reale. Numeri meno drammatici, ma comunque preoccupanti, anche per la joint venture tra la Nissan e la Dongfeng, che opera al di sotto del 50% della sua capacità produttiva, percentuale che vale anche per le partnership SAIC-Volkswagen, SAIC-GM e BAIC-Hyundai. La Volkswagen prevede che i suoi profitti scenderanno da 1,5 a 2 miliardi di euro nel 2024, a causa dell’intensificarsi della concorrenza.
TENGONO I PREMIUM - Non tutti i marchi stranieri però se la passano male in Cina. La Toyota ha aumentato la suo quota di mercato dal 4% registrano nel 2017 al 6% dello scorso anno, grazie ai suoi veicoli con motore a combustione, e anche la Tesla è passata dall’essere praticamente inesistente a una quota del 3% nel 2023. Resistono anche i marchi premium tradizionali, soprattutto le tedesche Audi, BMW e Mercedes, ma anche JLR e Volvo (che appartiene alla cinese Geely), che beneficiano di un passaggio all’elettrico più lento nel segmento più altro del mercato, in cui i concorrenti come Nio e Zeekr non riescono per ora a emulare i risultati dei marchi cinesi più generalisti. Lo ha confermato anche Oliver Zipse, ceo del gruppo BMW: “La competizione sui prezzi nei segmenti inferiori in Cina è molto, molto dura, ma nei segmenti superiori del mercato ciò non avviene allo stesso modo”.