IL PROBLEMA DEL TRIDENTE - Senza mezzi termini, dritto al punto: a pochi giorni dal terremoto ai vertici di Stellantis (qui la news), l’amministratore delegato Carlos Tavares (nella foto qui sopra) torna a rispondere alla domande della stampa, spaziando a 360 gradi sul mercato dell’auto e sullo stato di salute del gruppo, negli ultimi giorni finito sotto la lente d’ingrandimento per i risultati poco incoraggianti fatti segnare dall’inizio del 2024. A partire da Maserati che non sta registrando le vendite sperate: un problema, secondo Tavares, dovuto non al prodotto ma a come questo viene recepito dalla clientela nei diversi mercati. Un qualcosa sul quale dovrà lavorare Santo Ficili (nominato al vertice del Tridente alla fine della scorsa settimana) a una condizione: non ridurre la rimuneratività dei singoli modelli (e il loro valore futuro) applicando scontistiche eccezionali.
DAL 2026 A PIENO REGIME - La fabbrica di Mirafiori è entrata in difficoltà per colpa della Germania e dell’Italia che da un momento all’altro hanno tolto gli incentivi alle elettriche. Così Carlos Tavares commenta l’attuale stop alla produzione della Fiat 500 elettrica nell’impianto torinese, ma il futuro per tutti coloro che ci lavorano dovrebbe essere molto più roseo: dalla fine del 2025 arriverà sulla linea la nuova 500 ibrida (costruita sulla base della 500 elettrica e mossa dallo stesso propulsore mild hybrid della Panda). E i numeri prospettati dal manager sono elevati: una produzione annuale compresa tra le 80.000 e le 100.000 unità, merito anche di una prossima revisione della Fiat 500 elettrica che grazie a una nuova batteria e ad altri accorgimenti (non ancora noti) costerà meno del modello attualmente in produzione.
NO AI DAZI - Tra gli stand protagonisti del salone parigino c’è sicuramente anche quello di Leapmotor, casa cinese arrivata in Europa grazie a una joint venture con Stellantis. E proprio a proposito dell’arrivo dalla Cina di tanti costruttori, Tavares si è espresso contrario all’applicazione di dazi da parte della Ue sulle auto prodotte nel Paese della Grande Muraglia. Le motivazioni? Principalmente una, ovvero la possibilità per questi costruttori di assemblare nei Paesi dell’Unione con i costi più bassi i loro modelli per aggirare i dazi, andando solo ad aggravare il problema legato alla bassa produttività degli impianti europei. Meglio quindi puntare sugli incentivi per stimolare la domanda, messa in crisi proprio dai maggiori costi delle vetture dovuti alla transizione energetica.