è proprio vero che le conversazioni nei bar in piena estate accompagnate da una birretta fresca fra due amici malati di automobilismo possono portare a cose ( si fa per dire ) catastrofiche o perlomeno il termine catastrofe è quello che mia madre ha pensato quando le ho detto l'auto che stavo andando a vedere ; anche se lei non ne capisce molto di automobili nella mia frase detta dall'altro lato di un telefono :" centocinquantacinque duemilacinque vu sei" ha percepito che qualcosa di grosso e pericoloso ( agli occhi di una madre ) era nell'aria ma ohimè dopo qualche frase ha concluso dicendo :" sapevo che questo giorno sarebbe giunto ". La patologia chiamata alfismo la portavo dentro già da qualche anno : da quando sognavo la patente e soprattutto dopo che avevo cominciato a muovere i miei primi chilometri sulla mia santa pandina 900 fino a quando un giorno a 19 anni decido di partire per Milano in cerca di fortuna ; trovato il lavoro comincia la fase in cui pensi se sputtanare tutto e goderti la vita o inseguire passioni folli. La ricetta per il successo era : prendere un'alfa con un v6 busso di stile retrò , la scelta ricadde immediatamente sull'alfa 75 3.0 v6 america ed infatti è da quello che cominciò la ricerca su subito.it di quel fatidico giorno seduti a quel bar.. la frase precisa che cercammo fu : alfa romeo v6 e cominciarono a comparire gtv ( poco versatile ) , 147 gta ( troppo costosa ) , 156 gta ( idem della sorellina ) , brera ( v6 non made in italy ) , 166 ( non è un pò troppo lunga? ) , 155 v6?!?! Detto sinceramente non sapevo nemmeno ( mi vergogno da alfista ) che ci fosse una versione v6 della 155.. un pò di schede tecniche quì e lì e la descrizione molto convincente condirono l'insalata. 2 Giorni dopo andai a vederla..come è andata poi effettivamente a finire credo sia chiaro ed ora a distanza di 7 mesi credo che sia giunto il momento di scrivere finalmente la prova della mia Alfa Romeo 155 2.5 v6 12valvole del 1992 ; è esattamente da allora che penso a cosa scrivere in questa prova poichè questo più di ogni altro modello di alfa romeo negli ultimi 25 anni ha diviso , fatto scrivere e parlare di se nel bene e nel male tracciando un solco profondo nella storia dell'alfa stessa ; un punto di rottura , un nuovo inizio , la fine di qualcosa o il principio di un'altra. Denigrata da alcuni e lodata da altri viene molto spesso giudicata da persone che non l'hanno nemmeno posseduta, usata, guidata però in questa prova non volevo solo banalizzare parlando dell'oggetto in questione. Per parlare dell'alfa 155 bisogna rievocare il contesto da cui è nata in tutto e per tutto e solo alla fine dopo aver riflettuto arrivare alla propria conclusione che come leggeremo nei commenti che questa prova farà scaturire saranno del tutto soggettivi ma spero anche se è davvero difficile OGGETTIVI. Premetto che i cenni storici riportati quì sotto non sono stati scritti da me ma sono un mix di quanto di meglio ho trovato in rete sull'argomento.
IL CONTESTO STORICO
Il periodo compreso tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta fu caratterizzato dalla presenza, nella gamma Alfa Romeo, di modelli obsoleti e superati che non vennero sostituiti da vetture nuove all'altezza del prestigio del marchio. Era lacunosa anche la fattura dei modelli, che difettavano per l'assemblaggio poco curato e per la scarsa qualità dei materiali. Migliorò temporaneamente la situazione il lancio, nel 1983, del modello che sostituiva l'Alfasud, la 33, che ebbe un ottimo riscontro commerciale. Al contrario l'Arna, sempre del 1983 e frutto di una di joint venture con la Nissan, fu un clamoroso flop commerciale.A questo punto l'Alfa Romeo, priva della liquidità necessaria per rinnovare la gamma, lanciò sul mercato una nuova ammiraglia basata sui modelli precedenti, l'alfa 90 . Anche la 75 (1985) fu l'ennesimo frutto della strategia di derivare i nuovi modelli da vetture precedenti ; ebbe un buon successo e fu il primo modello a montare il nuovo motore Twin Spark. I conti tuttavia rimasero in rosso per gli alti costi di produzione; ad esempio, all'inizio degli anni ottanta, l'Alfa Romeo per assemblare un'Alfetta spendeva una cifra tripla rispetto al prezzo a cui il modello era poi venduto al pubblico. Ed è proprio nel 1985 dopo la sciagurata decisione di aggredire il segmento inferiore di mercato, costruendo lo stabilimento di Pomigliano d' Arco con gli aiuti della Cassa per il Mezzogiorno che la casa del Biscione si ritrovò con una capacità produttiva enorme rispetto alle vetture che riusciva a vendere. Le perdite marciavano al ritmo di centinaia di miliardi l' anno. Negli ultimi otto anni l' Alfa aveva bruciato 1.484 miliardi. Così maturò la decisione da parte dell'IRI (ai tempi proprietaria dell'alfa romeo) di vendere e nel luglio 1986 i candidati all'acquisto sono due : la fiat e la ford. La faccenda è molto importante e la stessa classe politica italiana oltre che gli industriali e i vertici dell'alfa romeo stessa sono combattuti. Le offerte delle due controparti sono molto diverse ; l'offerta messa sul piatto della ford parla della produzione fra i due stabilimenti alfa ovvero arese e pomigliano di 400.000 auto all'anno delle quali 50.000 ford equipaggiate con motori boxer alfa , investimenti per riassorbire i cassaintegrati ( 2600 all'epoca ), acquisizione immediata di una quota Alfa limitata al 19.5% (valore:200 miliardi di lire), per tre anni perdite ripartite tra Ford e Iri in base alle rispettive quote, acquisizione della quota di controllo nel 1990 a un prezzo fissato in base ai risultati raggiunti dall'Alfa. L'offerta della casa Americana prevede: impegno a mantenere il marchio del biscione; investimenti per 4000 miliardi di lire e aumento della produzione fino a 400 mila vetture all'anno; esclusione dell'ipotesi di licenziamenti collettivi. La fiat che fino ad allora era rimasta insofferente a ciò che stava accadendo comincia a temere che la ford prendendo piede in italia potesse danneggiare la sua leadership e attacca con una controproposta che consiste in : Fiat rileva subito il 100% di tutte le attività di Alfa Romeo: pagherà 1050 miliardi di Lire in cinque tranche annuali di 200 miliardi a partire dall'anno in cui Alfa tornerà in utile (data prevista: 1992) e si assume 700 miliardi di lire di debiti della società. La proposta prevede 8000 miliardi di lire di impegno globale, la creazione di una società unica Alfa Lancia, la produzione di 620 mila auto del segmento medio alto a regime, l'eccesso di mano d'opera verrà fronteggiato col turn-over, ma con l'espansione produttiva prevista, tutti i cassintegrati verranno riassorbiti. La società IRI che controlla Alfa Romeo, si pronuncia a favore della Fiat, il preseidente IRI, Romano Prodi, dichiara: "la proposta Fiat è stata ritenuta vantaggiosa anche alla luce delle valutazioni degli studi specializzati della First Boston Corporation. E' certo una decisione dolorosa ma inevitabile". In una intervista precedente all'acquisizione da parte di fiat il signor Giuseppe Luraghi afferma che :" Io sono certo che l'Alfa sia che finisca sotto Ford sia sotto Fiat verrà sacrificata. Stiamo almeno attenti a non mettere in casa nostra un concorrente troppo forte che può scardinare l'industria Italiana." Negli anni successivi la Fiat diede vita ad un progetto ambizioso che nessuno fino ad allora un costruttore aveva osato compiere : realizzare un pianale capace di ospitare una decina di propulsori completamente diversi, da vestire con altrettante carrozzerie differenti poichè quando si produce un'automobile, si produce un oggetto composto da un numero notevole di componenti i quali, se prodotti in fabbrica specificatamente per ogni modello farebbero lievitare di moltissimo i costi di produzione, è un principio ineluttabile. Per evitare tutto ciò si rende necessario uniformare un gran numero di componenti (meccanici, elettronici e telaistici), in modo da renderli utilizzabili per più modelli differenti. E' chiaro che, più un particolare è costoso da progettare e da industrializzare, più è conveniente renderlo utilizzabile per più modelli. Ogni industria automobilistica ha somatizzato in maniera personale questi concetti. Si pensi alle industrie americane che propongono con marchi differenti lo stesso modello di automobile o, paradossalmente, alle giapponesi e alle tedesche per le quali l'unificazione dei pianali è un traguardo raggiunto solo da poco tempo. Il pianale unitamente ad altri particolari strutturali come l'arco porta o il tetto, è sicuramente la parte di un'automobile più complessa in assoluto da progettare ed industrializzare. L'intento era realizzare un'intera famiglia di vetture di classe media, con carrozzeria a due e tre volumi, e con caratteristiche specifiche per i marchi Fiat, Lancia ed Alfa Romeo. Successivamente, ai concetti iniziali, si aggiunse l'utilizzo della trazione integrale e la possibilità di creare versioni tre porte delle due volumi potendo, di riflesso, realizzare anche vetture sportive (coupè e spider). Il progetto era conosciuto come TIPO2 e fu sviluppato con la collaborazione dell'I.de.A. Institute. Come già sperimentato con la TIPO4, la crazione di un pianale con tali caratteristiche impone il superamento di ostacoli di notevole entità, soprattutto in previsione dell'installazione di propulsori particolarmente potenti, che richiedono alla scocca ed al pianale adeguata rigidità alle sollecitazioni. Per il montaggio del gruppo propulsore-cambio-sospensioni, si optò per la stessa soluzione scelta per le ammiraglie, ossia l'ancoraggio delle sospensioni e, in parte, del gruppo motore-cambio ad un telaio semiportante, da assemblare successivamente alla scocca. Per rendere agevole l'installazione di unità motrici differenti (per lay-out e per volumetria), fu studiato un vano anteriore con le pareti estremamente regolari. La scelta di utilizzare anteriormente il McPherson( https://www.youtube.com/watch?v=WctjXT-1vTQ ) fu fondamentale al fine di limitare l'ingombro in senso trasversale delle sospensioni stesse e permettere di sviluppare al massimo in larghezza il vano. Deputati ad assorbire l'energia, in caso di impatto frontale, erano l'estremità dei longheroni anteriori ed una traversa inferiore a cui erano ancorati i paraurti. Il "sottosistema" del frontale (calandra, gruppi ottici e traversa superiore) era anch'esso separato dalla scocca e poteva essere realizzato specificatamente per ogni modello. Posteriormente era previsto un ulteriore telaietto ausiliario che fungeva da struttura portante per le sospensioni. Ciò avrebbe consentito il montaggio di sospensioni dalle molteplici geometrie, ovviamente nel rispetto dell'ingombro previsto in origine. Il passo fu stabilito in 2540 mm, una misura notevole per vetture del segmento C ed altrettanto "importante" per le berline del segmento superiore. Per raffronto, la Volkswagen Golf IV, presentata dieci anni dopo la Tipo e appartenente allo stesso segmento di mercato, ha un passo di "appena" 250 cm. Ecco quì il link che rimanda alla blueprint della fiat tipo
http://www.the-blueprints.com/modules/vectordrawings/preview-wm/fiat_tipo_5-door_1988.jpg
mentre questa è quella dell'alfa romeo 155
http://www.foro3d.com/attachments/122498d1265035896-blueprint-alfa-romeo-155-a-alfa-romeo-155.jpeg
Per capire maggiormente la parentela dei 2 modelli osserviamo le foto dei telai: questo è il telaio di una fiat tipo
http://www.cuorialfisti.com/MATERIALE/materiale_tecnica/tipo/tipo_03.jpg
mentre questa immagine ci permette di vedere il telaio di una alfa 155
http://www.cuorealfista.com/materiale/Tecnica/TIPO2-155.jpg
Visivamente la parentela è palese , unica differenza non visibile da queste fotografie è che nella 155 il telaio è stato rinforzato e irrigidito in alcuni punti per compensare la maggiore cavalleria a disposizione. Detto ciò ; il fatto che l'alfa 155 nasca sulla base di un progetto estremamente sinergico di fine anni 80 dovrebbe renderla una cattiva vettura? E' questa la domanda alla base di questa prova.