Un vestito accattivante
Questa nuova crossover a tre porte, disponibile sia a due sia a quattro ruote motrici, ha una linea slanciata, con la coda affusolata e il tetto spiovente. Rispetto alla Countryman, da cui deriva, la
Mini Paceman Cooper D è ancor più intrigante, ma impone sacrifici in termini di visibilità (il lunotto è poco più che una fessura) e praticità (il soffitto è più basso e i sedili posteriori non sono scorrevoli).
Un ambiente conosciuto
Salendo a bordo della Mini Paceman Cooper D ritroviamo l’abitacolo della “sorella maggiore” Countryman: ben rifinito, anche se con qualche caduta (economica la plastica delle bocchette dell’aria e del cassetto portaoggetti), e ricco di soluzioni originali, come il grande tachimetro al centro della plancia e il pratico binario centrale in alluminio con le vaschette scorrevoli. Omologata per quattro persone, non fa dell’abitabilità il suo punto di forza: le poltroncine posteriori separate sono accoglienti, ma c’è poco agio per le gambe. Il tetto spiovente, inoltre, penalizza l’accessibilità e lo spazio in altezza: chi supera i 180 cm sfiora il soffitto. Il bagagliaio è piuttosto ampio per le dimensioni dell’auto (da 330 litri a 1080), e se si ribalta il piano di fondo, dietro gli schienali, si sfruttano anche i 21 cm del “pozzetto” che si viene a formare.
Lo sterzo convince, il motore meno
Sebbene la Mini Paceman Cooper D sia compatta (411 cm di lunghezza), non è un “peso piuma”: la versione a due ruote motrici che abbiamo guidato ferma l’ago della bilancia a 1.300 kg, ben 210 più di una “normale” Mini Cooper D. Questo penalizza lo scatto (la casa dichiara uno “0-100” in 10,8 secondi) e la ripresa (specie sotto i 2000 giri): onesti, ma tutt’altro che sportivi. Adeguata la velocità massima dichiarata: 187 km/h. L’aggravio di “zavorra” invece non si nota nella guida: complice la meccanica sofisticata (retrotreno a geometria multilink con bracci longitudinali in lega di alluminio), le sospensioni rigide e lo sterzo leggero e preciso, ci si tolgono delle belle soddisfazioni nei percorsi ricchi di curve. Il cambio è rapido negli innesti delle marce (ben spaziate); il pedale della frizione non è tra i più leggeri da azionare, ma neppure troppo affaticante. Il motore turbodiesel common-rail fa quello che può (e si fa anche sentire parecchio), ma può essere una buona scelta per chi usa l’auto soprattutto in città e non vuole “svenarsi” al distributore: la casa promette consumi di gasolio molto bassi (22,7 km/l in media), che verificheremo in occasione della prova su strada.
Si fa pagare cara
La Mini Paceman Cooper D è originale e sfiziosa, come le altre Mini della gamma, ma non è certo regalata: 26.200 euro sono parecchi per un’auto dalle dimensioni di un’utilitaria, specie considerando che è facile farsi prendere la mano dal ricco listino degli optional. Volendo, si possono risparmiare 1.700 euro dirottando la scelta verso la Cooper a benzina (1.6 da 122 CV), ma è un attimo anche farsi tentare dalla più potente Cooper SD, con un più “muscoloso” 2.0 turbodiesel da 143 CV: e in questo caso, per la versione ALL4, si devono sborsare ben 31.500 euro.
Secondo noi
PREGI
> Interni. Ricchi di soluzioni originali, come il grande tachimetro al centro della plancia e il pratico binario longitudinale in alluminio, con le vaschette scorrevoli.
> Sterzo. Diretto, preciso e leggero: un comando davvero riuscito.
> Tenuta di strada. In curva è davvero “attaccata” alla strada e non mette mai in difficoltà con reazioni brusche.
DIFETTI
> Abitabilità. Dietro si sta stretti, e accedere ai sedili non è agevole.
> Comfort. Penalizzato dalle sospensioni rigide e dal motore un po’ rumoroso.
>Visibilità. Scarsa quella posteriore: il lunotto è piccolo e molto inclinato.