Non nascondo che l’emozione era tantissima: pur avendo testato auto di cavalleria superiore, l’entusiasmo e l’adrenalina erano alle stelle: stavo pur sempre provando una Porsche, il mio mito da bambino.
Comunque, messo da parte ogni indugio, ricevuto l’ok dal mio “compagno di viaggio”, il gentile capofficina, inserisco la chiave nel blocchetto di avviamento, posizionato, insolitamente, alla sinistra del volante, e metto in moto: il motore prende vita in un attimo, emettendo dal doppio scarico cromato un boato di grande effetto.
Dopo aver innestato la modalità “M” del cambio PDK, tenendo rigorosamente il pedale del freno premuto, inebriato dal fascinoso “rombo” del motore, innesto la prima marcia agendo sui paddles al volante dalla logica discutibile, dopodiché alleggerisco progressivamente la pressione frenante cosicché l’auto inizia a muoversi con straordinaria leggiadria, senza strattonare.
Decido di percorrere i primi chilometri nella modalità normale in modo da familiarizzare con i comandi e percepire il comportamento dell’auto nel breve percorso cittadino antistante l’ingresso in tangenziale, luogo deputato al test reale. Ebbene, ho avuto modo di apprezzare la dolcezza degli innesti del cambio doppia - frizione e la piacevolezza del volante, dal carico mai fastidiosamente eccessivo.
Osannato a destra e a manca da molteplici riviste specializzate, il feedback, restituitomi dal pedale del freno, non mi ha entusiasmato: mi aspettavo un comando duro da azionare, fin dalle prime fasi di discesa del pedale, ed, invece, mi è parso molto simile a quello della Lamborghini, ovvero, un tantino morbido. Preferisco, di gran lunga, il feeling che mi comunica il pedale del freno della mia Scirocco R, bello corposo da azionare.
Detto questo, prima della rampa d’ingresso della tangenziale chiedo al capofficina di impostare la modalità “sport” delle sospensioni adattive in modo da saggiare tutte le potenzialità della vettura: subito avverto il maggior carico del volante che diventa chirurgico e straordinariamente comunicativo anche ai piccoli angoli, sfoggiando, dunque, una servoassistenza elettrica tarata in maniera impeccabile che non fa rimpiangere il vecchio comando idraulico, da sempre punto di forza della Porsche.
Nel curvone di immissione in tangenziale, percorso ad una velocità interessante, ho avuto modo di apprezzare l’assoluta stabilità e compostezza del telaio nonché la straordinaria motricità delle ruote posteriori dalla generosa impronta a terra (l’auto in prova montava cerchi Carrera da 20” con gommatura 265/35) in uscita di curva; era come se l’avessi sempre guidata, mi ha subito trasmesso una rassicurante sensazione di padronanza.
Una volta in tangenziale, ho finalmente potuto sbrigliare il motore: agendo senza parsimonia sul pedale dell’acceleratore, mi sono concesso un allungo mozzafiato a partire dalla seconda fino alla quarta marcia, notando come la spinta iniziasse ad essere più corposa e gratificante superata la soglia dei 4500 giri, regime di coppia massima, per poi esaurirsi solo al limitatore fissato a quota 7400.
Ho ancora fissato indistintamente nella mente la sensazione sperimentata ogniqualvolta azionavo il paddle dello “shift up” a tale regime: il sound era veramente da brivido, godurioso, indescrivibile, da supercar; la progressione sembrava non esaurirsi mai, le due corsie per senso di marcia sembravano strettissime, i lunghi rettilinei venivano divorati con straordinaria celerità; l’innesto del rapporto rapidissimo, e quasi cattivo, anche se meno brutale rispetto al DKG della nuova M5.
L’assetto si è rivelato molto efficace con un rollio quasi inesistente ed un beccheggio forse un po’ troppo marcato, solo in fase di frenata energica che, pure, mi sono concesso per la felicità dello stomaco del capofficina :D. Nelle “esse” veloci, che connotavano il percorso, la Boxter ha mostrato una notevole agilità, senza mai creare apprensione, in virtù dell’ottimo bilanciamento dei pesi; sembrava che il limite di tenuta laterale non arrivasse mai; davvero, strabiliante: sembrava invogliarti a spingere sempre di più, il che, per chi non è avvezzo a simili bolidi, diventa concretamente controproducente e pericoloso; non ci si deve lasciar troppo irretire dalle sue ammalianti doti dinamiche.
Al termine dell’entusiasmante “hot lap” in tangenziale, per testare la presunta versatilità dell’assetto, promessa dal sistema Pasm, chiedo al capofficina di condurmi su un percorso cittadino; vengo, manco a dirlo, accontentato: decido, stavolta, di lasciar gestire le cambiate direttamente al PDK; pertanto, imposto la modalità “drive” e disattivo la modalità “sport” delle PASM: la prima sensazione che ho percepito è la perdita di carico del volante che acquistava sì leggerezza ma che era, tuttavia, ben lontano dall’essere un comando “cittadino”. Le sospensioni, inoltre, come d’altro canto mi aspettavo, non sembravano digerire bene le asperità della strada né tanto meno avvallamenti e piccole buche, complice la gommatura generosa e, chiaramente, l’assetto, comunque sia, sportivo. Dunque, le sospensioni PASM, senza dubbio, accrescono il livello di versatilità dell’auto ma, giocoforza, non garantiscono, evidentemente, un assorbimento da berlina.
Tra le noti dolenti segnalo la pessima, a mio avviso, logica di funzionamento dei paddles: la collocazione, su ambo le estremità del volante, dei medesimi comandi per scalare (paddle posteriore) e per salire di rapporto (paddle frontale) toglie un po’ di quel piacere di guida che, al contrario, offre la tradizionale logica dei due comandi separati, uno per lo “shift up” sulla sinistra ed uno per lo “shift down” per la destra, garantita, fortunatamente, dal volante Sport Design, previsto in opzione. Inoltre, non ho apprezzato l’attivazione della funzione kick down anche nella modalità “manuale”, che, al contrario, ben si accorda con le altre modalità di gestione della cambiata.