La marmitta catalitica è un dispositivo usato per ridurre le emissioni nocive, e probabilmente è il primo dispositivo usato a questo scopo, visto che è diretta conseguenza di un pacchetto di provvedimenti dell’Unione europea per lo Standard Euro 1 uscito nel 1992, che di fatto lo rese obbligatorio per l’anno successivo (ma era già obbligatorio per le auto a benzina con cilindrata oltre 2000 cc). Tuttavia, il catalizzatore per auto (altro nome con il quale si definisce la marmitta catalitica), è nato negli anni Settanta e corrisponde a un convertitore il cui scopo è quello di trasformare i gas di scarico in gas innocui, riducendo pertanto la quantità di emissioni nocive.
La marmitta catalitica o catalizzatore è un convertitore catalitico che si colloca nell’impianto di scarico, al cui interno avviene una reazione chimica. Il convertitore è costituito da un corpo in ceramica o in metallo con una struttura nidificata e corredata da diversi canali. Le pareti del catalizzatore sono rivestite di metalli catalizzatori quali platino, rodio e palladio, i quali danno il via alle reazioni chimiche di trasformazione.
La marmitta catalitica ha lo scopo di ridurre le emissioni nocive per la salute e l’ambiente. Questa finalità è perseguita tramite un processo di trasformazione chimica che converte le sostanze nocive in gas innocui, con un minore impatto per l’ambiente. Nel paragrafo successivo, andremo a vedere come funziona nel dettaglio questo processo di conversione chimica.
Il procedimento di trasformazione chimica è relativamente semplice: i gas che escono dalla camera di scoppio finiscono nel convertitore, passando per le sue celle e pareti e finendo soggetti alle trasformazioni attuate dai metalli che ne rivestono le superfici e che a loro volta sono poggiati su un rivestimento washcoat, ovvero uno strato sottile di vernice o sigillante che è parte integrante dei convertitori catalitici e aiuta a far sì che i gas entrino in contatto con gli elementi attivi.
Le reazioni chimiche che si formano nel catalizzatore sono di diversi tipi:
La conversione è ottimizzata dalla sonda lambda, che individua la presenza di combustibile incombusto o l’ossigeno in eccedenza nei gas di scarico, mantenendo il giusto equilibrio tra il peso dell’aria e il peso del combustibile al fine di mantenere efficiente il rapporto di miscela prima dell’ingresso nel catalizzatore.
Quando fu introdotto l’obbligo europeo della presenza della marmitta catalitica, molte case produttrici non fecero in tempo ad agire sul motore e introdussero quindi il retrofit, una sorta di convertitore semplificate (e solo adatto per veicoli a benzina) nel quale però le conversioni chimiche avvenivano solo a temperature elevate. In questo contesto, le reazioni chimiche venivano innescate quando si raggiungeva la temperatura di 400 gradi, quindi nel momento in cui il veicolo (auto o moto) era in corsa, e non a freddo, come ad esempio quando si aveva appena acceso il motore.
Con il corso degli anni le cose sono cambiate e si sono evolute e a oggi la marmitta catalitica funziona in maniera più efficiente per ridurre le emissioni. A oggi il catalizzatore funziona quando si raggiunge una temperatura tra 250 e 270 gradi, ovvero circa 5 minuti dopo l’avviamento del veicolo. Tuttavia, è doveroso precisare che il tempo varia in base alla configurazione dello scarico e a dove si colloca il catalizzatore nell’impianto.
Il catalizzatore è diverso non solo per tipo di veicolo (auto o moto) e motore, ma anche per il carburante di alimentazione utilizzato, la portata dei gas e la potenza.
I tre tipi di catalizzatore, tuttavia, li abbiamo citati nel paragrafo precedente:
Quest’ultimo è quello oggi più comune e diffuso soprattutto sulle auto alimentate a benzina e negli impianti a Gpl.
Va infatti precisato che la marmitta catalitica per auto alimentate a benzina è diversa da quella che si utilizza nelle auto alimentate a diesel.
Prima di tutto, su questi veicoli l’obbligo del catalizzatore è arrivato più tardi, ovvero dal 1° gennaio 1997. In secondo luogo, la reazione chimica che determina l’azione da parte dell’ossigeno di bruciare l’azoto N2 (durante il processo di combustione della benzina) che contribuisce a formare le particelle di ossido di azoto avviene qui in misura maggiore, poiché si arriva a temperature più elevate rispetto a quelle raggiunte nei veicoli alimentati a benzina.
Inoltre, ci sono anche da considerare le recenti direttive in materia di diesel e in particolare i provvedimenti attuati per ridurre ulteriormente le emissioni inquinanti NOx. Per fare questo, nei nuovi motori diesel Euro 6 sono presenti i catalizzatori SCR (foto qui sotto), acronimo che sta per Selective Catalyst Reduction, che tradotto significa “Catalizzatore a riduzione selettiva”, e che per funzionare si avvale dell’additivo AdBlue. Grazie a questo agente riducente e al materiale di cui il catalizzatore è composto (composto da vanadio, tungsteno e ossidi di titanio), avviene la conversione chimica degli ossidi di azoto che si scindono in azoto e vapore acqueo (quest’ultimo formato dalla reazione tra ossigeno e idrogeno).
La marmitta catalitica è spesso l’oggetto del desiderio dei ladri. Perché? Il motivo è da ricercare nella presenza dei metalli preziosi (e rari) che costituiscono il catalizzatore, e tra questi spiccano il platino, il palladio e il rodio, con quest’ultimo elemento che è il più ricercato e il più caro sul mercato (e dunque fa maggiore gola ai ladri).
Alla base dell’invenzione della marmitta catalitica vi sono numerosi studi e ricerche condotte nel corso del tempo, tra cui quelle dell’ingegnere chimico Gerhard Ertl.
I primi prototipi furono comunque progettati in Francia, sul finire del diciannovesimo secolo. Bisognerà attendere gli anni Trenta affinché un ingegnere meccanico francese trasferitosi negli Stati Uniti, tale Eugene Houdry, sviluppi convertitori catalitici per ciminiere e per carrelli elevatori. Solo negli anni Cinquanta si iniziò a ragionare sui catalizzatori per auto a benzina: nel centinaio di brevetti ottenuti da Houdry, figura anche quello relativo alla marmitta catalitica.
Ad aver sviluppato e ottimizzato ulteriormente il convertitore catalitico furono John J. Mooney, Carl D. Keith, Antonio Eleazar e Philip Messina nel 1973, presso la Engelheard Corporation.