Questa berlina rialzata e con protezioni sui passaruota “stile suv” è la prima elettrica del marchio sino-svedese: ha la sede è a Göteborg, ma la proprietà e le fabbriche sono della cinese Geely. Grazie a quest’ultima, la casa può usare le tecnologie della Volvo (della medesima proprietà, e di cui Polestar è nato come reparto sportivo): la Polestar 2 usa la piattaforma e la meccanica della XC40 a batteria. Ha forme eleganti ma l’abitabilità è ridotta, specie dietro. Inoltre, il bagagliaio posteriore non è ampio parlando di una vettura lunga 461 cm; e quello anteriore è piccolo e scomodo da aprire (si deve tirare una leva vicino ai pedali, poi azionare uno sblocco manuale). In compenso, dietro c’è un pratico portellone e le finiture sono più curate perfino di certe tedesche: montaggi e materiali sono di prim’ordine. Lo stile è minimalista, a volte perfino troppo: svariati comandi sono virtuali, compresi quelli del “clima”. Tanta la tecnologia, anche per il comfort: il sistema multimediale integra i servizi di Google e il navigatore è sostituito da Maps. Come il resto del software dell’auto, riceve aggiornamenti via web a vita. La Polestar 2 è un’auto “amica”: ha una sola modalità di guida, ben tarata come il resto dei comandi, e non richiede anacronistiche procedure “da auto termica” per partire: si entra con la chiave in tasca, si preme il pedale del freno l’auto si “anima”.